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IN EVIDENZA

Presentiamo una selezione di articoli e scritti che riteniamo essere di attualità, senza alcuna cadenza prefissata saranno aggiornati rimanendo consultabili nelle apposite sezioni del sito

ROMA - 28 FEBBRAIO 1975
Una tremenda giornata, culminata con l'assassinio di Mikis Mantakas, il giovane eroe greco, in via Ottaviano.
Ringraziamo LUCA SIGNORELLI per la preziosa collaborazione che ha consentito la ricostruzione di quei tragici momenti.
ORE 13,15 VIA OTTAVIANO-SEZIONE PRATI.
Quando alle ore 13,00 l'ennesima udienza, per l'omicidio dei fratelli Mattei, viene rinviata,
i militanti missini escono dall'aula di Giustizia per recarsi nel posto più vicino e sicuro, visto e considerato la presenza in zona, di centinaia di autonomi e di extraparlamentari di sinistra.
Decidono quindi di recarsi nella sezione MSI Prati di via Ottaviano, distante m. 800 circa da piazzale Clodio.
Un primo gruppo tra cui Mikis Mantakas, studente greco di medicina iscritto al FUAN, giungerà incolume alla sezione, alle ore 13,15.
Mikis ed una trentina di militanti nazionali si ritrovano nell'ampio atrio interno del palazzo di via Ottaviano 9, in cui è posta, nel sottoscala, la sezione Prati.
Nessuno scende però nella sezione missina, senza aperture, perché nel frattempo, i rossi minacciosi, sono già nei pressi del palazzo ed alcuni con le molotov in mano.
Senza batter ciglio, i camerati chiudono il portone del palazzo, appena in tempo...
UN'ORDA ROSSA ARREMBANTE.
Subito dopo, un centinaio di estremisti di sinistra, armati fino ai denti, appena giunti davanti il portone, ora ben sprangato, iniziano un fitto lancio di molotov che, non solo bruciano il portone stesso, ma invadono di fumo anche l'ampio atrio condominiale.
I militanti missini, chiusi là dentro, decidono allora una manovra di aggiramento, ovvero prendere i kompagni di sorpresa, alle spalle.
Mikis ed una decina di camerati escono, quindi, dall'ingresso posteriore su p. zza Risorgimento e, aggirato l'isolato,si ritrovano in via Ottaviano.
Ma appena girato l'angolo, una tempesta di fuoco si abbatte su di loro, con precisione.
Mikis, davanti a tutti e con una cintura in mano, viene subito colpito da un colpo d'arma da fuoco alla testa e cade esanime per terra.
In quel momento giunge, proveniente dal Tribunale, un gruppo di militanti nazionali che lo soccorrono, fra loro :Fabio Rolli, Stefano Sabadini e Paolo Signorelli.
Mikis, ancora vivo e con i rossi tutt' intorno, viene portato a braccia dai camerati, nel cortile interno del palazzo di via Ottaviano e, una
volta dentro, il portone viene subito rinchiuso.
I kompagni, fra i quali i militanti di Potere Operaio con armi da fuoco in mano, decidono di farla finita e, senza perder tempo, sradicano un palo della segnaletica stradale per usarlo come ariete onde forzare il portone, già bruciato e cedevole, così da abbatterlo.
Sfondato il portone ed una volta dentro l'atrio dell'edificio, il commando di Potere Operaio riprende a sparare all'impazzata, cercando i camerati che, nel frattempo di erano rinchiusi in un box auto con Mikis morente.
Verrà ferito con una 7,65, solo Fabio Rollo, al fianco, che era sulla via di fuga del commando.
Due ore dopo, il cuore di MIKIS cesserà di battere.
MIKIS EROE GRECO.
Come gli eroi ellenici di Omero, il giovane
Mikis ripropone le virtù di quei personaggi mitici: coraggio, forza, onore e lealtà.
Un giovane eroe che, per difendere la sua comunità, i propri fratelli, non ha esitato a partire ed a battersi, in uno scontro impari, armato solo della propria cinta e coraggio.
Mikis MANTAKAS,come gli antichi eroi omerici
MIKIS MANTAKAS come Leonida ed i valorosi trecento spartani delle Termopili.
MIKIS, giovane eroe greco del nostro tempo.
Il mito che si rinnova...

1119 - 1312 Nascita e Morte del primo  Ordine di monaci guerrieri.
Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriamNeotemplari,

Massoni, Romanzi e leggende, quanti hanno conosciuto l'Ordine non dalle pagine della Storia, ma da un insieme di pseudo-storia infarcita di misteri e segreti? 

L'Ordine del Tempio nasce circa nel 1119 e viene sciolto nel 1312, poco meno di duecento anni di storia hanno fatto dell'Ordine un mito, come mai? La massoneria nella sua ricerca di "origini nobili" riesuma circa 400 anni dopo la sua scomparsa il mito dei Templari ammantandosi di una discendenza segreta dall'ultimo Maestro del Tempio al primo dei Gran Maestri della massoneria. Persino il termine "Gran Maestro" con cui attualmente ci si riferisce al capo dell'Ordine è una invenzione massonica, a capo dell'Ordine esisteva "solo" il Magister, termine di origine latina che nella propria definizione riunisce la figura di maestro, guida e comandante militare, (Magister Militum era un grado usato nel Tardo Impero Romano, l'equivalente romano del Generale in quanto comandante supremo dell'esercito).
In questo testo si cercherà di dare una visione storica della nascita e della fine del  Pauperes commilitones Christi templique Salomonis ("Poveri compagni d'armi di Cristo e del tempio di Salomone"), meglio noti come Cavalieri Templari o semplicemente Templari.

12 GENNAIO 1978

PALERMO-Cinque giorni dopo la strage di Acca Larentia.
Eravamo in trepida attesa davanti al palco eretto in piazza Castelnuovo e tutt'intorno ad esso, erano distese le bandiere tricolori listate a lutto.
Di lì a poco, avrebbe dovuto prendere la parola, L'ON Pino Romualdi, Presidente del MSI, per commemorare i tre ragazzi missini, uccisi a Roma e alla fine del suo intervento, era previsto un corteo per le vie del centro, già autorizzato dalla Questura.
In piazza, mezz'ora prima della commemorazione, erano presenti solo militanti e simpatizzanti del MSI, del FdG e di Lotta Popolare, che affluivano provenienti da gran parte dell'isola :400 circa.
La folla di popolo che di solito riempiva la stessa piazza, per i comizi di Giorgio Almirante, era, però, assente.
Tutto era pronto.... ma quindici minuti prima della commemorazione , un dirigente della DIGOS comunicò in piazza, al segretario provinciale del MSI, la revoca della manifestazione,corteo compreso, adducendo motivi di ordine pubblico.
Fu, per tutti noi come un fulmine a ciel sereno : il giorno tanto atteso per onorare i giovani camerati romani, era sfumato in un baleno.
Subito dopo, il gruppo di Lotta Popolare convoco' un breve riunione, per decidere il da farsi : alla fine decidemmo di spostarci in altra zona centrale, in piccoli gruppi, per non dare nell'occhio.
I circa 100 militanti di L.P si recarono quindi sparpagliati, in piazza Diodoro Siculo.
Li' avremmo dovuto dar luogo ad un sit-in di protesta, ovvero un volantinaggio mobile.
Mentre la piazza era occupata a chiazze dagli attivisti, all'improvviso giunse un'auto civetta della DIGOS :ormai eravamo attenzionati... e quindi fu deciso di sciogliere le righe.

FRATELLANZA È PIÙ FORTE DEL FUOCO.
In tarda serata, alcuni militanti decisero di porre fine ad un miserabile ritornello che durava da giorni ed andava in onda presso un emittente radio di estrema sinistra, in via Ammiraglio Rizzo:"brindiamo al sangue versato dai Fasci di Acca Larentia.In alto i calici.!"
Appostata in incognito, nei pressi della radio, era presente una pattuglia della DIGOS :l' alt.! ,
la fuga, gli spari degli agenti, il fermo....
Quella sera non fu vendetta ma solo voglia di tutelare la memoria di tre ragazzi della comunità romana, fratelli a noi...

I militanti nazionali, in quegli anni, si trovarono nel bel mezzo di una guerra sottile, perfida, mai dichiarata: lasciando sul campo.... morti, feriti prigionieri.

"A quest'ora di 39 anni fa andai a prendere Alberto, a casa all'eur con la mia Renault 5 che Pietro, aveva ribattezzato scherzosamente modello Bulgari, per via del colore oro metallizzato e partimmo, con noi, anche un altra persona. Passammo prima alla sede del FUAN di Via Siena, giusto per le ultime e varie e visto che tutto nasceva comunque lì, e poi via in direzione Centocelle, dove  tra l'altro nessuno di noi, c'era mai stato.
Nel frattempo si era fatto buio, non riuscivamo a trovare la piazza, s'erano fatte quasi le 18 e noi, continuavamo a girare  a vuoto.
Proposi di tornare indietro, prima però facemmo un ultimo tentativo e alla fine  trovammo Piazza dei Mirti.
Il tempo di parcheggiare poco prima e partirono i casini, volava di tutto, un Tram diventò subito il nostro bersaglio preferito con la gente dentro che dovette buttarsi sul pavimento della vettura per non prendere i sassi in faccia.
Il solito giorno di
"ordinaria contestazione". Dopo aver bloccato la piazza e continuato a spaccare tutto, tra sirene e macchine che sgommavano, ci infilammo in una traversa della piazza. Precisamente in Via dei Narcisi dove c'era e c'è ancora il cinema Broadway . L'obiettivo era assaltare la locale sezione del PCI che non sapevamo però essere chiusa.
Non ci arrivammo, nel senso che ci eravamo  fermati più o meno nei pressi dell'altra piazza dove stava appunto la sezione che ecco dal buio sbucare all'improvviso una macchina che inchiodo', di colpo ne scese una figura con una pistola in  mano, un attimo dopo parti' uno sparo. Mi girai d'istinto ma Alberto, non era più accanto a me, stava a terra qualche metro prima".
Il resto è storia.

Presentiamo oggi un nuovo ricordo sull'uccisione di Alberto Giaquinto

Il Giornale Nuovo, Sabato 11 marzo 2000
Di Marco Pirola

Al momento dell’arresto aveva dimostrato una loquacità insolita tanto da far riempire pagine e pagine di verbale. Documenti che erano stati immediatamente segretati per evitare fughe di notizie. Nei giorni successivi però aveva anche cambiato versione aggiungendo altri particolari e aggiungendo di essere stato lui stesso sul luogo dell’omicidio. Ora davanti al giudice delle indagini preliminari monzesi, che doveva convalidare il suo fermo, si è trincerato dietro la facoltà di non rispondere.
Alessandro Troccoli, 26 anni, coinvolto nell’omicidio di Alessandro Alvarez studente universitario di Cologno Monzese, rimane in carcere solo per l’accusa di detenzione di armi. Tutte le sue dichiarazioni erano state rilasciate infatti senza la presenza di un avvocato e quindi per il momento risultano del tutto inutilizzabili. Il fatto che abbia dichiarato di essere stato presente all’omicidio e altri indizi a suo carico non sono stati però sufficienti dal Gip per convalidare il fermo per concorso in omicidio. Le sue parole non hanno ancora trovato riscontri oggettivi. Non c’è l’arma del delitto, non ci sono testimoni che lo accusano, solo le sue dichiarazioni fatte in due momenti successivi, per giustificare la sua presenza in quel viottolo buio alla periferia di Cologno Monzese dove aveva trovato la morte il giovane universitario. Ma gli inquirenti non demordono. Ancora ieri pomeriggio hanno interrogato una diecina di persone. Hanno risentito Domenico M., in carcere per armi. E’ la persona che nella prima versione data da Troccoli al magistrato, era stato accusato dell’esecuzione materiale dell’assassinio. Quest’ultimo ha confermato il suo alibi di ferro per quella notte. Venerdì 3 marzo alle ore 21.30 era a casa con la convivente e i due figli a guardare la televisione. Versione confermata. Poi i magistrati e i carabinieri sono partiti di nuovo con una serie di perquisizioni a catena alla ricerca del nascondiglio delle armi. Nelle settimane precedenti la sua tragica fine, Alvarez era stato minacciato. Un intimidazione contenuta in una busta infilata nella cassetta delle lettere. Dentro un proiettile. Di questo episodio Antonio Tanga, il sostituto procuratore che conduce l’inchiesta ha trovato traccia in una denuncia contro ignoti. Se sul fronte processuale la difesa di Troccoli segna un punto a suo favore, gli inquirenti però non demordono e insistono nelle indagini. Partendo proprio dalle sue dichiarazioni e dalla ricostruzione che stanno facendo al computer gli stessi appartenenti all’Arma. Il reparto speciale di Parma che si occupa di questo risvolto delle indagini verrà a Cologno Monzese per ricostruire materialmente la scena del delitto che verrà anche filmata. La perizia balistica ha stabilito che Alvarez è stato ucciso da tre colpi. Il primo proiettile è entrato nel corpo del ragazzo con una traiettoria da destra verso sinistra. Troccoli ha dichiarato che ‘”Ombra” ha sparato è piombata alle sue spalle mentre l’amico era di fronte. Quindi le cose sono due. O Alvarez era di fianco rispetto al killer e la ricostruzione fatta dal testimone non è corretta o chi ha sparato era mancino. Troccoli usa perfettamente la mano sinistra. Ma questo indizio non è stato ritenuto sufficiente dal Gip monzese per convalidare il fermo anche per concorso in omicidio volontario. Tanto più che il guanto di paraffina, eseguito immediatamente dopo il fermo, ha dato esito negativo. La partita non è chiusa. Ancora a notte fonda Antonio Tanga e Antonio Diomedea, il maggiore dei carabinieri che collabora alle indagini, si sono nuovamente incontrati per fare il punto della situazione e “ritarare” la strategia alla luce degli ultimi sviluppi processuali avvenuti nel primo pomeriggio di ieri.

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