Ispirarsi ai " Fascismi storici " nel contesto del III° Millennio, è semplice follia? Vana utopia? Anacronistica nostalgia? Oppure, attuale e moderna possibilità?
di: Alberto B. MARIANTONI
Intavolare un qualunque discorso sui " Fascismi storici ", nel contesto degli anni 2000, non è affatto un esercizio semplice, né agilmente eseguibile, né facilmente realizzabile. E questo, per una serie di ragioni.
La prima ragione, è che i " Fascismi storici " - sistematicamente diabolizzati o ridicolizzati per più di cinquant’anni dai regimi della restaurazione democratica - non possiedono più una loro chiara ed univoca identità ideologica, politica e pratica. In altre parole, quando vengono pubblicamente o privatamente evocati - sia per essere aborriti o criticati, sia per essere esaltati o difesi, sia per essere semplicemente discussi o analizzati - non si sa più di quali " Fascismi " si stia parlando: di quelli descritti o raccontati dall’unilaterale ed interessata storiografia dei vincitori del Secondo conflitto mondiale? Di quelli denigrati o vantati dalle diverse ed antagoniste pubblicistiche di parte? Di quelli " riveduti e corretti " o " fabbricati ad hoc " dalla letteratura o dalla cinematografia antifascista del dopoguerra? Di quelli spettegolati o cancaneggiati dalle ignare ed inconsapevoli vittime della quotidiana e martellante propaganda democratica? Oppure, di quelli veri... di quei " Fascismi ", cioè, che sono realmente esistiti tra il 1919 ed 1945, e che la Storia con la " S " maiuscola, solo da poco, ha cominciato timidamente ad interessarsi o a " balbettare " qualche esatto resoconto o qualche equilibrata analisi?
La seconda ragione, è che i " Fascismi storici " - letteralmente dissecati e scomposti dall’antifascismo in una strumentale selezione di immagini forti o detestabili estrapolate dal loro contesto - non hanno più la capacità di presentarsi al pubblico nella loro veste d’insieme o sotto le sembianze di una loro qualunque effettiva globalità. In altri termini, il loro valore intrinseco essendo stato ridotto ed omologato ad una serie di " spaccate negative " o di " flash repulsivi ", è inevitabile che i " Fascismi storici " vengano quasi sempre letti o considerati parzialmente, oppure inquadrati o giudicati aprioristicamente attraverso le lenti deformanti del " riflesso condizionato " o del semplice dogma ideologico o politico.
La terza ragione, è che i " Fascismi storici " - a causa delle lingue e dei retroterra culturali che prima e dopo il 1945 li hanno sistematicamente avversati e deformati - non possono mai essere percepiti e valutati nella stessa dimensione politica o politico-culturale all’interno dei diversi paesi del mondo. Una cosa, infatti, è presentare e spiegare il valore intrinseco dei " Fascismi storici " ad un Italiano, un Tedesco, uno Spagnolo, un Rumeno, un Croato o un Belga ; ed un’altra cosa è tentare di compiere lo stesso esercizio nei confronti di un Inglese, di un Francese, di un Americano, di un Australiano, di un Sudafricano o di un Russo. Oppure, di un Indiano, di un Malese, di un Filippino, di un Indonesiano, di un Vietnamita, di un Arabo, di un Cinese, ecc.
La quarta ragione, è che i " Fascismi storici " - essendo per antonomasia gli antagonisti ideologici, politici e pratici del mondo degli " immortali principi del 1789 " (quindi, di tutti quei partiti, movimenti o gruppi che nel mondo si ispirano al liberalismo o all’anarchia, alla democrazia parlamentare o al marxismo-leninismo, al socialismo riformista o al mondialismo economico e politico) - non possono mai beneficiare di nessuna indulgenza o tolleranza ideologica, politica o pratica da parte dei loro avversari. Detto con altre parole, siccome la totalità delle idee esistenti o esistite si riconoscono nel " bene assoluto ", fa comodo a tutti i partiti, movimenti o gruppi della restaurazione democratica che i " Fascismi storici " continuino a rappresentare un " male assoluto " ed, al tempo stesso, " virtuale ". Un " male ", cioè, prettamente trascendente, indefinibile ed incomparabile che possa, a seconda delle occasioni, suscitare timore o sgomento nell’immaginario collettivo delle popolazioni ; divenire diversivo per distoglierle da altre situazioni o altri obiettivi ; giocare il ruolo di " spada di Damocle " per le loro infinite viltà ; rappresentare motivo di coesione o di aggregazione per le loro inconciliabili differenze. E contemporaneamente, rappresentare un " male " che per la sua virtualità, non sia mai in condizione di nuocere o di creare pregiudizio a coloro che quotidianamente lo utilizzano o impunemente lo brandiscono per quegli scopi.
La quinta ragione, è che i " Fascismi storici " - a causa della guerra che hanno perso e del " marchio d’infamia " che è stato loro affibbiato - non possono mai essere abbordati o discussi su un piano di parità o di equipollenza con il resto delle idee o dei progetti politici, economici e sociali del mondo. Per spiegarlo diversamente, diciamo che quando ci si accinge a parlare pubblicamente di " Fascismi storici ", si è quasi sempre costretti a farlo da posizioni intellettualmente difensive o, quanto meno, culturalmente svantaggiose. Il più delle volte, infatti, ancora prima di avere avuto il tempo o la possibilità di entrare nel vivo del soggetto, ci si ritrova automaticamente nei " panni dell’accusato " o del " mostro " da perseguire o da abbattere. E nel migliore dei casi, al centro di un inestricabile " vespaio ". Per " vespaio ", naturalmente, intendo quell’insieme di attacchi politici, insulti personali, intimidazioni fisiche o psicologiche, biasimi morali e sanzioni giuridiche o amministrative che vengono lanciati, orchestrati o provocati dalla cosiddetta " polizia del pensiero " dei regimi democratici, ogni qualvolta, da un angolo di lettura diverso da quello antifascista, si tenti di evocare il tema dei " Fascismi storici " o di aprire un qualunque dibattito a proposito di questo argomento.
La sesta ragione, è che i " Fascismi storici " - essendo stati, come abbiamo già visto, ideologicamente imbalsamati, politicamente cristallizzati e praticamente messi nel dimenticatoio per più di cinquant’anni dagli stessi fondatori dei diversi partiti, movimenti o gruppi di ispirazione " neofascista " - non possono mai comunemente apparire o essere considerati come un " corpus " ideologico, politico e pratico attuale, dinamico ed operante. Per dirlo con altri termini, anche se i " Fascismi storici " continuano invariabilmente a stimolare la fantasia delle giovani generazioni e ad attrarle verso quei partiti, movimenti o gruppi che affermano ispirarsene, questo non vuole dire che quei " modelli " siano ugualmente in condizione di soddisfarli pienamente nel contesto delle loro attività quotidiane o in quello delle lotte politiche che si sono prefissi di condurre o di attuare. In modo particolare, quando si accorgono che il parziale o globale " scorcio " di cui si sono innamorati, altro non è che un’immagine ingiallita ed inanimata che giace ben riposta nell’album di famiglia di un ceppo ideologico, politico o pratico che non esiste più.
La settima ed ultima ragione, è che i " Fascismi storici " - non avendo fino ad ora trovato tra i loro apologeti, né personaggi di primo piamo per ridare dinamismo e credibilità alle loro idee, né leader indiscussi per assicurare una degna successione ideologica, politica e pratica ai loro modelli - non possono mai ordinariamente essere presi in considerazione come una reale base di partenza per nuovi sistemi politici, economici e sociali o come una valida fonte di ispirazione per nuovi partiti, movimenti o gruppi di identica estrazione o tradizione politica o politico-culturale. Altrimenti enunciato, é perfettamente naturale che i responsabili del cosiddetto " neofascismo ", si limitino a fare finta di ispirarsi ai " Fascismi storici " per creare o tenere in vita dei partiti, dei movimenti o dei gruppi che nulla hanno a che vedere con i loro pretesi " modelli ideali ". Essendo, infatti, sufficientemente coscienti che le loro " imprese politiche " non potranno mai essere in grado di superare, né di uguagliare il gigantismo ideologico, politico e pratico di quei " modelli ", quegli stessi dirigenti preferiscono lasciarli nel " Limbo " o escluderli drasticamente da qualsiasi loro prospettiva politica. Questo, non certo - come spesso pretendono - per creare qualcosa di nuovo o di più moderno o per evitare di farsi tacciare di antiquato nostalgismo, ma semplicemente per non rischiare di partorire un " aborto " che, al tempo stesso, farebbe loro perdere la faccia e mostrerebbe i limiti, sia delle loro effettive capacità personali che della loro usuale ed inoperante politica di " piccolo cabotaggio ".
Ora, se teniamo conto del fatto che i " Fascismi storici " non possono più vantare una loro indiscussa identità ; non hanno più la capacità di presentarsi nella loro veste d’insieme ; non possono mai essere universalmente percepiti o valutati nella stessa dimensione politica o politico-culturale ; non possono mai beneficiare di nessuna indulgenza o tolleranza da parte dei loro avversari ; non possono mai essere abbordati o discussi su un piano di parità o di equipollenza con il resto delle idee o dei progetti che esistono nel mondo ; non possono mai comunemente apparire o essere considerati come un " corpus " attinente alla realtà del nostro tempo ; e non possono mai ordinariamente essere presi in considerazione come una reale base di partenza o come una valida fonte di ispirazione per la creazione di nuovi " Fascismi ", dovremmo semplicemente concludere che non solo è estremamente arduo e complicato tentare di intavolare un qualunque discorso su questo argomento, ma è addirittura impossibile immaginarne ogni sua fattibile struttura e, di conseguenza, ogni sua sensata costruzione o ogni sua realizzabile stesura.
Sempre seguendo la stessa logica, dovremmo ugualmente dedurre che siccome nessuno fino ad ora è riuscito a resuscitare questo tipo di " morti ", è semplicemente del tempo perso e delle energie sprecate ispirarsi ai " Fascismi storici ", sia per " fare politica " nella realtà del mondo di oggi che per cercare di anticipare e risolvere le problematiche politiche, economiche e sociali che determineranno il futuro delle nostre società e delle nostre civiltà nel corso del terzo millennio.
Attenzione, però: un tale sforzo sarebbe non solo un’anacronistica nostalgia, ma addirittura una vana utopia ed una vera follia, se i " Fascismi storici " - come il resto delle idee e dei sistemi politici, economici e sociali che ci è dato di conoscere - rappresentassero una delle diverse interpretazioni del mondo degli " immortali principi del 1789 " o l’una o l’altra delle variegate applicazioni ideologiche, politiche e pratiche della filosofia dei " Lumi " o della " Ragione ". Identica constatazione, se avessero anch’essi cercato di codificare o di ridurre a " sistema " i desideri o le speranze della gente attraverso la soggettiva interpretazione dei loro pensatori e fossero restati, poi, alla " finestra " della loro presunzione ideologica, ad aspettare pazientemente che la realtà potesse in qualche modo adattarsi alle loro teorie o dare ragione alle loro tesi.
Potremmo addirittura affermare che, se tutto ciò corrispondesse all’identikit ideologico e politico dei " Fascismi storici ", il problema della loro eventuale chiamata in causa intorno al " tavolinetto parlante " della nostra storia presente, non si porrebbe affatto. Già da tempo, infatti, i sopravvissuti del " fascismo " e quelli dell’ " antifascismo " avrebbero trovato il modo o l’opportunità di inumare il " cadavere decomposto " di quelle esperienze e, dopo lo svolgimento delle loro eventuali esequie, nessuno ne avrebbe più inteso parlare.
Il fatto, invece, che dopo mezzo secolo se ne continui comunque a parlare e, soprattutto, a sparlare, è la prova che quel presunto " cadavere ", in realtà, non è mai morto, né è mai stato sul punto di esserlo, né poteva rischiare di farlo.
Per rendersene conto, basta accendere la televisione e fare il " giro " dei diversi programmi che ci vengono quotidianamente proposti dai " liberi " e " pluralistici " canali di condizionamento e d’imbonimento delle masse che operano nel contesto della restaurazione democratica : tutto, per l’antifascismo, è ancora fermo alla fatidica data dell’8 maggio del 1945. E la fine della Seconda guerra mondiale in Europa o la caduta dei " Fascismi storici " è come se fosse avvenuta solamente ieri.
Pensate, io personalmente, nel 1945, non ero ancora nato. Oggi, ho più di cinquant’anni, i miei capelli hanno cominciato ad sbiancare e le mie forze, a cedere... Eppure, gli " antifascisti " del mondo, dopo aver letteralmente ossessionato intere generazione con i loro più che cinquantennali " atti di accusa " e quotidiani " piagnistei ", continuano imperterriti a sputare bile ed a vomitare improperie su quei fenomeni, come se fosse il primo giorno !
Lo stesso dicasi quando i vari istrioni della restaurazione democratica, cercano di convincere l’opinione pubblica dei loro paesi che i " Fascismi storici " erano la " destra " o " la bieca reazione ", che erano " contro la società civile ", che erano " contro gli operai ", " i contadini " o gli altri " lavoratori ", che erano " contro i giovani ", che erano il " braccio armato del grande capitale " e della " finanza internazionale ", che erano " assetati di sangue " e " guerrafondai ", che erano il puro " ritorno alla barbarie ", che erano i " nemici giurati della libertà ", che erano " l’oppressione personificata ", che erano i " negatori di ogni diritto ", ecc.
Se gli antifascisti del mondo avessero realmente ritenuto che i Fascismi storici " rappresentavano soltanto " dell’acqua passata ", credete veramente che si sarebbero impegnati a spendere le energie che fino ad ora hanno speso (e continuano a spendere) per discreditarli?
Credete veramente che sia stato e che sia per esorcizzare il male che emanava dalle loro idee e dalle loro strutture? Per conservare e tramandare una doverosa " memoria storica " a proposito degli avvenimenti che li hanno visti protagonisti nel loro tempo? Per spirito di pura pedagogia politica o di disinteressato altruismo?
Ditemi: non è un po’ bizzarro, per della gente che fonda normalmente il proprio essere, il proprio agire ed il proprio divenire sulla pura " razionalità " o sul concetto del " massimo profitto con la minore spesa ", perdere così gratuitamente del tempo e delle energie per prevenirsi personalmente o per " vaccinare " il mondo dalla eventuale resurrezione di un tale improbabile fantasma?
Che volete... Contrariamente a certi " neofascistelli " da discoteca, a certi " elucubranti neodestristi " da biblioteca o a certi " vecchi politicanti " da ludi cartacei (che, tra l’altro, sembrano essere i soli a credere nella stantia stagionatura di quei " modelli "), gli antifascisti del mondo hanno da tempo capito che i " Fascismi storici " non solo non hanno niente in comune con le loro idee e con i loro sistemi, ma non possono neppure essere loro paragonati o equiparati.
Non possono essere loro comparati - né nel loro aspetto formale né nel loro aspetto sostanziale - per il semplice motivo che sono un’altra cosa !
Prima di essere, infatti, " ideologie ", " dottrine " o semplici " programmi " politici, economici e sociali, i " Fascismi storici " sono innanzitutto uno " stato d’animo ", sono un " modo di essere ", di " esistere ", di " agire ". E sono, soprattutto, un " metodo " ed uno " stile " di vita e di lavoro : un maniera positiva e dinamica, cioè, di procedere all’interno della realtà, nonché una maniera volontaria ed energica di percepire, affrontare e risolvere le problematiche all’interno della società. Tutte proprietà e qualità che l’uomo possiede in fieri e che corrispondono perfettamente - salvo rare eccezioni - alla panoplia delle sue reali ed intrinseche capacità.
" Virtù fasciste - affermava Mussolini - sono: la tenacia nel lavoro; la estrema parsimonia del gesto e della parola; il coraggio fisico e morale; la lealtà assoluta nei rapporti della vita; la fermezza nelle decisioni; l’affetto per i camerati; l’odio per i nemici della Rivoluzione e della Patria; la fedeltà senza limiti al giuramento prestato; il rispetto della tradizione; e, nel contempo, l’ansia del domani "
I " Fascismi storici ", inoltre, sono l’espressione della società del " fare " che si oppone con tutte le sue forze alla società del " dire " ; sono la manifestazione della società del " realizzare " che aborrisce e contraddice la società del " promettere " ; sono la sintesi della società dell’ " essere " che avversa e schernisce la società del " sembrare " o quella del semplice " apparire ".
Ecco, dunque, il senso della loro attualità: ammesso e non concesso che tutto quello che hanno rappresentato o realizzato i " Fascismi storici " tra il 1919 ed il 1945, sia stato tutto un " fiasco " e tutta una " stortura "; ammesso e non concesso che tutta la loro produzione ideologica, dottrinaria, legislativa e giuridica sia stata tutta una " aberrazione " o che sia totalmente da riscrivere o in parte da rivedere o da aggiornare; ammesso e non concesso che tutte le loro intuizioni e soluzioni in campo politico, economico e sociale siano state solamente delle " illusioni " o delle irrealizzabili " utopie ", non dimentichiamoci della principale particolarità che li caratterizza. Del fatto, cioè, che i " Fascismi " in generale - contrariamente alle idee, ai progetti ed ai sistemi della restaurazione democratica - possono benissimo permettersi il lusso di gettare alle ortiche qualunque tipo di passato, ivi compreso il loro, per meglio ricominciare...
Per ricominciare e fare meglio. Meglio e più di prima. Meglio e con più slancio di ieri. Meglio e con più entusiasmo di oggi. Ed in ogni caso, comparativamente sempre meno del meglio o del più che, ogni volta, saranno in condizione di fare o di produrre domani!
I " Fascismi ", in realtà, possono costantemente risorgere dalle loro ceneri e divenire incessantemente più moderni e più efficaci, per la banale ragione che l’elemento chiave del loro bagaglio ideologico, è semplicemente la Storia...
Non solo, quindi, la Storia particolare delle loro rispettive e limitate esperienze contingenziali, ma la Storia " tout court ". La Storia, cioè, che ha interessato e che interessa i popoli ed i paesi del Continente europeo e quella che ha interessato e che interessa la totalità dei paesi del mondo ed i popoli dell’intera umanità.
Per i " Fascismi ", infatti, la Storia è veramente la " Magistra vitae " dei Latini : la " Maestra ", cioè, di ogni possibile insegnamento politico, economico, sociale, militare, religioso, civile e morale.
Dal quell’insegnamento si può dedurre che il " ieri ", non è mai una fredda ed inanimata collezione di avvenimenti, di fatti o di gesta che non hanno nessuna influenza o impatto sul presente o sull’avvenire; né tanto meno, una mera e distaccata constatazione di eventi regolari che escludono a priori qualunque volontà o iniziativa da parte dell’uomo; ma, al contrario, un elemento dinamico. L’elemento dinamico per eccellenza che permette all’uomo, nella piena coscienza del suo essere e del suo possibile divenire, di attuare o realizzare un migliore presente ed un più originale futuro, traendo ogni giorno adeguato precetto dagli errori del passato ed irresistibile sprone dagli antichi successi o trionfi di coloro che l’hanno preceduto.
Considerando la Storia come l’inesauribile fonte d’ispirazione del loro sistema di idee, come la principale pietra di paragone del loro essere e come l’inarrestabile propulsore del loro divenire, è inevitabile, quindi, che i " Fascismi " siano praticamente immuni da qualunque dogmatismo ideologico e da qualsiasi staticità dottrinale.
Sgorgati dalla Storia ed avendo sistematicamente agito nella Storia e per la Storia, i " Fascismi " possono benissimo, infatti, adattarsi, mutatis mutandis, alle diverse circostanze della vita ed integrare il contesto di qualunque Storia. Possono altresì salvaguardare o fare propri alcuni aspetti dei sistemi o delle intuizioni avversarie e, persino, contribuire all’affermazione di progetti e di scopi che potrebbero a prima vista apparire come estranei o antagonisti al loro sistema d’idee e di valori. E questo, senza rinunciare all’essenzialità del loro carattere, né tanto meno affievolire il valore della loro natura, né perdere il senso della loro specifica originalità.
Essi, infatti, non possono mai invecchiare, né passare di moda, né perdere la loro efficacia, per la semplice ragione che essi sono la Storia che va verso la Storia. Sono la dinamica della vita che si proietta verso la vita. Sono il senso dell’ordine che crea e rinnova ogni tipo e specie di ordine.
I " Fascismi ", inoltre, restano invariabilmente applicabili, poiché sono il dovere che restituisce importanza e virtù al diritto; la disciplina che rende tangibile ed usufruibile il compendio di qualsiasi libertà; la gerarchia che esalta, organizza e premia i giusti meriti e le reali competenze.
Restano altresì freschi ed operanti, poiché sono la giustizia che ristabilisce il valore di ogni equità e di ogni giustizia terrena; la solidarietà che partorisce altruismo, abnegazione e cameratismo; la collaborazione che produce pace sociale e rimette vigore, sostanza e dinamicità all’unità della famiglia, della società e dello Stato.
Restano ugualmente attuali e futuristici, poiché sono il coraggio che raggiunge sistematicamente ogni meta; la potenza del volere che traduce nel concreto le giuste aspirazioni ed i desideri morali dello spirito; l’incoercibile forza della speranza che infrange e fa svanire nel nulla le rinunce o le astensioni di ogni possibile viltà o debolezza.
Restano, in fine, eternamente validi, poiché sono sinonimo di fedeltà, di lealtà e di onestà. Sinonimo di puntualità, di precisione e di correttezza. E sinonimo di senso dell’onore, di fermezza nella parola data e di estrema dedizione agli imperituri principi del vivere civile.
I " Fascismi ", dunque, sono fede e ragione, passione e buon senso. Fede irremovibile che travalica spiritualmente ogni intendimento umano e semplice ragione che riconduce i sogni al senso della loro effettiva e possibile realizzazione. Passione irrefrenabile che sconfina idealmente al di là del mondo del sensibile e quieto buon senso che assicura l’attuazione costante di ciò che nella sua essenza è praticamente reputato necessario o indispensabile.
Queste loro caratteristiche e prerogative si inscrivono naturalmente nel senso della vita e della Storia. Niente di sbalorditivo, quindi, che i " Fascismi " siano potenzialmente in condizione, in qualunque momento della progressione storica, di identificarsi con i diversi processi evolutivi che si manifestano nella realtà. Ed ugualmente in grado, in qualunque contesto politico o geopolitico, di produrre avvenimenti, situazioni e Storia. Storia e realizzazioni che i " Fascismi " hanno tendenza, ogni volta, ad attuare o intraprendere con lo stesso slancio, lo stesso impegno, la stessa pazienza, la stessa sagacità e la stessa devozione con la quale gli antichi Egizi si accinsero, nel loro tempo, ad edificare le loro piramidi, i Greci i loro templi, i Romani i loro acquedotti e le loro città o come gli infaticabili costruttori di cattedrali riuscirono a dare vita, nel periodo gotico, alle più esaltanti meraviglie architetturali ed artistiche che l’uomo sia mai riuscito fino ad ora ad immaginare.
Ecco, ancora, un altro aspetto fecondo e dinamico dei " Fascismi " : il fatto, cioè, di essere e di poter simultaneamente rappresentare, nella loro sintesi ideologica, il punto di riferimento di ogni Tradizione e di ogni Rivoluzione. Di ogni Tradizione che esalti e legittimi i caratteri imprescindibili ed imprescrittibili della Civiltà umana. E di ogni Rivoluzione che si prefigga di abbattere gli ostacoli artificiali che bloccano o ritardano lo sviluppo orizzontale e verticale della società o impediscono la piena soddisfazione delle primordiali esigenze morali, materiali e sociali dell’uomo.
Difficile, infatti, per i " Fascismi ", concepire l’uomo al di fuori della famiglia, la famiglia al di fuori della società, la società al di fuori della Polis, lo Stato al di fuori del concetto di Civiltà e la Civiltà completamente estrapolata dall’Umanità.
L’uomo, per i " Fascismi ", non è né un atomos, né un individuus, a, um, né una persona, ae, né tanto meno un aequatus, a, um. Diciamo che è piuttosto " l’anthropos " dei Greci (un essere animato diverso dagli altri animali: un anathrôn-ha-opôpé, un essere, cioè, che ragiona ed è sensibile) e l’ " homo, hominis " dei Latini: un essere, cioè, che nella sua intima particolarità è e resta unico, originale ed irrepetibile.
Ad immagine dei Greci e dei Latini, i " Fascismi " riescono difficilmente ad immaginare un uomo che non sia, in qualche modo, in rapporto o in correlazione con altri uomini.
Alla domanda : io sono perché esisto? Oppure, io sono in quanto appartengo? I " Fascismi " non sembrano affatto esitare.
Ritenendo, infatti, che l’esistenza umana isolata o separata dal suo contesto naturale (estrapolata, cioè, dal corpus familiare, sociale, politico, economico, culturale e morale al quale ogni uomo, volente o nolente, appartiene), è solo una situazione teorica che non corrisponde nella pratica a nessuna circostanza effettivamente dimostrabile, preferiscono decisamente identificarsi con la nozione di " appartenenza " e rispondere in maniera inequivocabile: esse ergo sum, appartengo, dunque, sono.
E’ per questa ragione, dunque, che concepiscono l’uomo come un soggetto che è, può essere e può divenire, in quanto appartiene a un corpus specifico o è parte integrante di una societas particolare.
In piena armonia con la concezione classica greco-romana, l’uomo dei " Fascismi " è simultaneamente et successivamente parte integrante :
della sua famiglia: del nucleo naturale, cioè, da cui il soggetto in questione è scaturito ed insieme al quale ha evoluto o si è sviluppato. In linea di massima : il padre e la madre (per la sua nascita) ; e l’insieme dei soggetti che vivono sotto il suo stesso " tetto " e che sono uniti tra loro da vincoli consanguinei o parentali (per il suo sviluppo). In altri termini, la cellula di base di qualunque società. " Familia - affermava Cicerone - principium urbis et seminarium reipublicae ". La famiglia, quindi, come principio di base di qualunque società civile e come " semenzaio " particolare, a partire dal quale è possibile immaginare, realizzare, organizzare, gestire, difendere, consolidare o sviluppare qualsiasi società politica.
del circolo delle sue amicizie più intime: delle persone, cioè, con le quali il soggetto in questione è più a suo agio o nei confronti delle quali nutre e/o risente dei sentimenti di stima o di affetto.
del circolo delle persone che sono più vicine al suo modo di essere, di esistere, di pensare e di agire o che corrispondono di più alla sua natura o al compendio delle sue specifiche qualità, capacità o preferenze: del gruppo di gente, cioè, con cui il soggetto in questione - nel contesto della sua vita pubblica - si muove o agisce all’interno della società. Questo, naturalmente, in conferma all’adagio latino pares cum paribus, facillime congregantur.
del suo corpus professionale: delle persone, cioè, che hanno in generale i suoi stessi interessi o che esercitano in particolare la sua stessa attività, il suo stesso mestiere o la sua stessa professione.
della società civile di prossimità: di quella parte della società, cioè, che interagisce direttamente o indirettamente con il soggetto in questione e correda il suo habitat naturale più immediato.
del suo popolo-nazione: della popolazione, cioè, con cui il soggetto in questione vive su un territorio specifico e con la quale ha in comune legami etnici, linguistici, culturali, storici, politici, economici, sociali, morali e religiosi, oppure con la quale ha scelto liberamente di associarsi o di entrare spiritualmente e materialmente in comunione.
del suo Stato: delle istituzioni o delle forme politiche, cioè, a cui il soggetto in questione ed i membri del suo popolo-nazione partecipano e/o appartengono individualmente e collettivamente.
della sua Civiltà: della totalità dei popoli, cioè, che hanno in comune con il popolo-nazione del soggetto in questione, una medesima origine storica o etnico-culturale, una medesima Storia, un simile livello di conoscenze ed una simile evoluzione spirituale, sociale e materiale.
dell’Umanità: della totalità dei popoli-nazione che vivono ed agiscono sul pianeta Terra.
In linea con questa logica, i " Fascismi " possono ugualmente vantare due ennesime caratteristiche : quelle, per l’appunto, che permettono loro di essere, allo stesso tempo, profondamente popolari ed intensamente aristocratici. Popolari nella loro essenza, nelle loro radici e nelle loro finalità. Aristocratici nella loro prassi, nel loro estro e nella loro continua ricerca dell’elevazione umana e del primato morale. Popolari in tutto ciò che concerne la vita materiale e sociale dell’uomo ed aristocratici in tutto ciò che si riferisce alla sua intelligenza ed alla sua spiritualità. Popolari nei valori ed aristocratici nei principi. Principi e valori di un’unica essenza che ricerca incessantemente l’armonia ed un più giusto equilibrio tra l’anima, il corpo e l’intelletto degli uomini.
Per riepilogare, quindi, si può dire che i caratteri essenziali dei " Fascismi storici " possiedono una triplice proprietà: sono filosoficamente inalterabili, ideologicamente dialettici e politicamente versatili
Pur essendo, infatti, storicamente inquadrabili e definibili all’interno di un tempo e di uno spazio ben determinati, possono vantare un’ideologia ed un sistema di valori che sono completamente svincolati da qualsiasi fattore peculiare e circostanziale di tempo e di spazio.
Inoltre, a differenza della maggior parte delle idee esistenti o esistite, hanno la particolarità di anteporre l’azione al pensiero e la soluzione tangibile dei problemi a qualunque teorizzazione o codificazione di possibili soluzioni accademiche che potrebbero risolvere ipotetiche problematiche.
In fine, contrariamente ai diversi sistemi della restaurazione democratica, sono portati ad aborrire e disprezzare qualsiasi visione statica e dogmatica della politica, poiché considerano che " salus populi suprema lex est ". Considerano, cioè, che tutte le leggi particolari della società e dello Stato debbono necessariamente inchinarsi e mettersi da parte quando è in gioco l’unità, l’integrità o l’interesse generale della società a cui quelle stesse leggi si rivolgono.
Tutte queste proprietà e caratteristiche, pongono i " Fascismi " su un piano di estrema superiorità rispetto all’insieme delle idee e dei progetti di società che ci è dato fino ad ora di conoscere. E li elevano a sola base logica di qualsiasi tentativo di alternativa globale nei confronti del mondo degli " immortali principi del 1789 " ed obbligato punto di riferimento per qualunque tipo di rivoluzione politica, economica e sociale che voglia veramente revolvere ed e-radere il sistema demo-plutocratico-mondialista e reazionario dell’Occidente. E non compiere, nei suoi confronti. una volgare seditio o una comune ed inconcludente " rivoluzione " di tipo astro-fisico... Cioè, gattopardiana, marxista, sessantottina o piccolo borghese.
Inutile, quindi, con una tale potenzialità ideologica e politica, tentare di ricorrere a dei semplici palliativi per battere i nemici della vita e della Storia e per ristabilire il senso dell’humana societas.
E’, infatti, perfettamente inutile e controproducente, continuare a volersi " nascondere dietro al dito " di pseudo denominazioni politiche " nazional-popolari ", " comunitariste " o " solidariste ", per poi uscire di casa e farsi comunque ed invariabilmente definire " Fascisti ". " Fascisti ", per giunta, d’un " Fascismo " statico, parziale ed anacronistico, oppure riveduto e corretto (il più delle volte, male... ) o, peggio ancora, come l’antifascismo voleva che fosse.
" Alle soglie del terzo millennio - sottolineò tempo indietro il camerata Biagio Ehrler - dobbiamo trovare l’orgoglio ed il coraggio di conquistarci il diritto di essere liberamente fascisti, senza più essere perseguitati da qualsiasi forma di regime. Cioè dobbiamo conquistarci il diritto legale (N.d.a.: anche al rischio, aggiungo io, di farci sbattere momentaneamente o durevolmente in galera o di farci fucilare!) di poter liberamente operare per propagandare la nostra fede politica e sociale al pari di tutte le altre ideologie contrapposte alla nostra "
L’ipocrisia, in politica, non paga mai. Soprattutto, quando si pretende prendere ispirazione dalla sintesi filosofica ed ideologica dei " Fascismi storici "!
Oltre ad essere fonte di insoddisfazione e di continua incertezza tra i propri militanti, l’ipocrisia contribuisce ad annullare sul nascere qualunque tipo di sforzo politico che abbia come finalità la diffusione delle proprie idee o la semplice affermazione della propria credibilità tra gli indecisi.
L’ipocrisia, inoltre, attraverso l’implicito discredito delle proprie idee o dei propri progetti, favorisce apertamente la politica di coloro che ufficialmente si pretende combattere.
E non si cerchi di avanzare la scusa che così facendo si potrà forse avere la possibilità di " arruolare " qualche deluso del comunismo o di creare una " corrente fondata sulla " sintesi organica " tra lotta sociale e liberazione etnico-nazionale ".
Se dopo 83 anni di fallimenti, di rovesci e di delusioni sistematiche, i comunisti del mondo non hanno ancora capito che il loro sistema politico, economico e sociale non funziona, e che l’unico socialismo nazionale universalmente possibile e realizzabile (che tra l’altro ha veramente funzionato e dato incontestabili e positivi risultati storicamente verificabili), è esclusivamente quello che fu proposto a suo tempo dai " Fascismi storici ", che cosa ci possiamo fare ?
Se i popoli del " Terzo " o del " Quarto Mondo " dopo 122 anni di oppressione e di sfruttamento, non hanno ancora capito quale strada intraprendere per liberarsi dalla schiavitù nella quale sono stati ridotti dalla regia mondiale del Grande Capitale Internazionale che li rende prigionieri ed impotenti all’interno del loro stesso paese, che cosa ci possiamo fare ?
Per schiarire loro le idee o tentare di convincerli, dovremmo, forse, aprire delle scuole per ritardati o disadattati mentali ? Oppure, si pensa veramente che sia sufficiente proporre loro una " sigla " più " neutra " o meno " compromettente " per renderli più intelligenti ?
I cosiddetti comunitaristi, forse non lo sanno, ma la superiorità dei " Fascismi storici " sui modelli " socialisti (dall’utopia al bolscevismo) " e su quelli " nazionalisti ", non consiste solo nel fatto che i primi sono stati esclusivamente sopraffatti sul piano militare, mentre i secondi hanno semplicemente gettato la spugna o dichiarato forfait nei confronti del Capitalismo poiché non erano più in grado, né di competere con il sistema politico ed economico liberale, né di proporre, in contraccambio, qualcosa di meglio.
Non dimentichiamoci, infatti, che i " socialismi ", sono crollati o svaniti nel nulla (o stanno per farlo) davanti ad un hamburger, ad una penna a sfera o ad un paio di calze di nylon capitaliste e che i " nazionalismi europei " e quelli " del Terzo Mondo ", sono stati banalmente fagocitati dall’utopia mondialista o recuperati sic et simpliciter dall’americanismo trionfante, attraverso l’impersonale virus dell’individualismo o l’allettante ed illusorio miraggio economico dell’egoismo liberista.
La superiorità dei " Fascismi storici ", sull’insieme dei loro vacui dirimpettai politici di oggi, di ieri e, quasi certamente, di domani, risulta soprattutto dal fatto che i " Fascismi ", invece di " vendere " ai popoli dell’Europa e del mondo delle soggettive e dogmatiche " ricette di cucina già pronte " o degli industriali e congelati " alimenti preconfezionati o precotti ", si sono semplicemente limitati ad insegnare alla gente, come si fa per diventare un buon cuoco. Un " buon cuoco ", per giunta, nell’arte culinaria che ognuno preferisce o che è più congeniale alle sue possibilità, capacità, propensioni o necessità.
I " Fascismi ", cioè, si sono semplicemente permessi di indicare ai popoli quali potevano essere e quali sono gli ingredienti di base di una sana gastronomia, quali sono le proprietà e le caratteristiche che emanano dai differenti alimenti, quali sono le spezie ed i condimenti che si possono utilizzare per ottenere gli aromi o i gusti desiderati e quali sono le principali norme o regole di igiene, di preparazione e di cottura che si debbono rispettare se non si vuole facilmente finire all’ospedale con forti mal di pancia o con qualche mortale intossicazione. Hanno poi lasciato ogni popolo realizzare la sua cucina specifica, come meglio era in grado di farla o come le diverse situazioni di emergenza o di contingenza che esistevano nel suo paese glielo imponevano o glielo suggerivano.
In altri termini, i " Fascismi storici ", piuttosto che esportare o imporre ai diversi popoli del mondo i loro particolari modelli politici, economici e sociali, hanno preferito divulgare i principi di base che erano all’origine del loro sano governo e, simultaneamente, proporre un metodo per poterlo effettivamente realizzare. A mio giudizio, l’unico metodo che l’uomo abbia fino ad oggi inventato per tentare di risolvere gli infiniti e variegati problemi (epocali o meno) che da sempre lo hanno soverchiato ed oppresso. Quel metodo, cioè, che consiste a risolvere, oggi, i problemi che sono sorti ieri o questa mattina. E, soprattutto, a non rinviare mai a domani ciò che potrebbe essere fatto o risolto immediatamente.
Se, invece, il fatto di volersi per forza definire " nazional-popolari ", " socialisti nazionali ", " comunitaristi " o " solidaristi " non fosse affatto una scusa, ma fosse semplicemente il risultato di una vera e propria scelta politica, allora, ci sarebbe proprio da preoccuparsi...
Questo, vorrebbe semplicemente dire che la gente che fa tali proposte, o non ha capito niente dei " Fascismi " o è semplicemente in malafede.
Come si può credere, infatti, che certi personaggi non siano cretini o disonesti, quando ci si accorge che pur possedendo già in tasca la totalità dei numeri di una " cinquina vincente ", preferiscono, per diventare ricchi, investire nella " giocata " soltanto quelli che potrebbero far loro intascare un miserabile " ambo " o un banale " terno "? Come si può credere o far credere che ci si possa meglio opporre al mondialismo cosmopolita con il solo ausilio di qualche infimo frammento di " Fascismo ", quando si sa perfettamente che per battere economicamente e politicamente il modello di sviluppo liberal-capitalista, non c’è altra via che quella che fu indicata a suo tempo dai " Fascismi storici "?
Un simile " smarrimento " politico viene alla luce, quando si cerca di " migliorare " o " far progredire " l’antico e tuttora insuperato bagaglio ideologico-politico-pratico dei " Fascismi storici ", attraverso dei semplici " scorci culturali " o delle mere ed anacronistiche " caricature " della stessa Weltanschauung. Oppure, quando si tenta - come spesso avviene in Italia - di andare al di là o al di fuori della completezza organica del " Fascismo di Mussolini ", facendo esclusivamente riferimento a delle interpretazioni individualistiche, soggettive e parcellari della stessa totalità.
Parafrasando José Antonio Primo de Rivera, potrei addirittura dire che, presi ognuno per suo conto, i diversi " tasselli " di quell’incredibile e prolifico monumento che è stato e continua ad essere il Fascismo, non possono essere nient’altro che quello che sono sempre stati: delle semplici briciole di idee e di cultura nel contesto della globalità del sapere o delle soggettive interpretazioni o elaborazioni di un medesimo fenomeno ideologico e politico. Delle " molecole " facilmente ricuperabili da " destra ", da " sinistra " o dal " centro " del complesso ed ingannevole labirinto della menzogna democratica. " Molecole " più grandi e più piccole, più ragionate e meno ragionate, più importanti e meno importanti, ma sempre ed unicamente delle banali e misere " molecole ". Dei miseri granelli di erudizione e di conoscenza, stoltamente separati dal corpo della loro reale e concreta organicità: quella che a giusta ragione seppe dare loro, tra il 1919 ed il 1945, il geniale inventore e fondatore del non meno geniale " Fascismo italiano ", Benito Mussolini.
L'inconfutabile prova del suddetto " smarrimento " è data inoltre dal fatto che a più di cinquant’anni dalla loro effettiva dispersione storica, le differenti, variegate, coscienti o inconsce componenti del " Fascismo italiano " non sono affatto riuscite, né ad affermarsi individualmente, né a partorire qualcosa che possa essere considerato come più valido e prolifico della loro stessa origine ideologico-politico-pratica..
Estrapolate, isolate e compartimentate, le diverse (dirette o indirette) fazioni del " Fascismo italiano " non possono che continuare ad annullarsi reciprocamente o a ristagnare inoperosamente, in attesa del " miracolo "... o della loro inevitabile scomparsa.
Al contrario, per poter veramente ritornare ad essere, ad esistere e ad agire, nonché a trionfare e primeggiare, i diversi assi portanti di quel " Fascio " non hanno altra alternativa - dopo il loro prolungato " sviluppo in vitro " - che reintegrare i ranghi del loro antico ceppo Legionario. E con esso, riprendere l’esaltante ed infaticabile marcia che ieri, forse per presunzione personale, per egocentrismo ideologico o per eccesso di zelo politico, ogni singola fazione, aveva unilateralmente, soggettivamente ed arbitrariamente interrotto.
Alberto B. Mariantoni