Abbiamo ricevuto via E-mail questo saggio su/contro Eco. L’autore è anonimo, come peraltro indicato all’inizio del pamphlet, e, ad essere sinceri abbiamo avuto vari dubbi sull’opportunità di metterlo in “rete”. Ci chiedevamo, ed ancora ce le chiediamo, se il saggio in realtà non partisse proprio dall’entourage di Eco. In fondo potrebbe proprio essere la dimostrazione della possibilità di “infettare” l’informazione, oppure un fine scherzo intellettuale. Sarebbe l’attuazione della frase citata nel lavoro “... se temi un complotto organizzalo...”; d’altra parte il “linguaggio” è spesso astruso, si direbbe per “iniziati”. In punta di piedi vengono fatti filtrare “messaggi” che ci paiono decisamente di provenienza “intellettuale funzionale”, si attacca l’informatizzazione ma viene usato questo mezzo, si fa dell’umorismo si un giornalista che a noi appare come serio e documentato. Malgrado questi sospetti abbiamo deciso di pubblicare quanto pervenutoci, riteniamo che un eventuale dibattito non possa che essere utile; abbiamo solamente tolto delle affermazioni forti che non siamo in grado di provare e, per tale motivo, non ci pare corretto diffondere. Ai nostri lettori stabilire se la scelta sia stata opportuna.
K.M.A.
IL NOME MULTIPLO
DI UMBERTO ECO
L’egemonia culturale della sinistra
da Gramsci a Internet
Il deludente spettacolo della politica italiana è ben presente a tutti. Proviamo a sbirciare nel retro del palcoscenico, dove i partiti di governo progettano le loro azioni e la loro immagine: la sinistra è davvero cosi’ genuina e schietta come da a credere? Quali sono le sue strategie mediatiche e di disinformazione? Chi sono e cosa fanno le eminenze grigie dell’Ulivo? La televisione è davvero un’arma politica? Intanto lo spettro di Gramsci torna ad inquietare l’Italia, al centro delle trame culturali dell’intellighentia di sinistra, che coinvolgono i massmedologi illiberali dell’Ulivo, la semiotica sovversiva e profana di Umberto Eco e la sua ultima creatura: Luther Blissett. Eco ne sa qualcosa? La scuola materialista si diffonde: i centri sociali e i movimenti “alternativi” conquistano la cultura di massa.
INDICE
1. Una introduzione alla politica italiana
2. Lo spettro di Gramsci fra noi
3. Il neognosticismo
4. Il materialismo di massa
5. L’Ulivo non esiste
6. La bestia di Umberto Eco
7. Un mix straordinario tra Internet e i Templari
8. Segni, indizi e abduzioni
9. Il superuomo di massa
10. Non nato da donna
Questo pamphlet compare non firmato per ragioni che comprenderete appieno solo nella lettura. Si asseconda il tradizionale anonimato per allontanare dalla discussione logiche personali e di appartenenza, per fare in modo che il testo possa circolare il più liberamente possibile. Lo si è fatto a malincuore, ma capirete che si è voluti ricorrere alle stesse armi e alla stessa strategia già ampiamente adottate da altri sul campo. Poi, calmatesi le acque, se ne risponderà di persona.
Questo pamphlet è dovuto soprattutto all’accortezza con cui alcuni giovani hanno saputo seguire gli eventi e la temperie culturale della modernità e hanno consigliato e guidato chi ha steso questo testo.
1. UNA INTRODUZIONE ALLA POLITICA ITALIANA
Un breve scorcio sull’Italia di fine secolo: nel marzo 1994, Silvio Berlusconi, a capo di Forza Italia, vince le elezioni politiche alleato con Lega Nord e Alleanza Nazionale. Per la coscienza della sinistra italiana non è una semplice sconfitta: è invero un trauma morale, un delitto politico. È l’inizio di un retorico vittimismo: Berlusconi, dicono, ha vinto grazie al controllo politico delle sue televisioni, manipolando le coscienze di migliaia di italiani e distorcendo i fatti. Si cominciano a conteggiare i secondi di esposizione in tv di ogni singolo partito politico. I giornali schierati con i Progressisti, in coro, dipingono per l’Italia un futuro di consenso di regime. Questo il clima che si respirava.
Oggi, nel 1997, a distanza di tre anni non si può non notare come la campagna demonizzatrice della televisione fosse stata per buona parte indotta ed esasperata. Il popolo della sinistra pensò quello che i media e gli alti papaveri vollero che pensasse: era la strategia a suggerire di propagandare che Berlusconi avesse vinto con la forza della televisione, violando le regole del confronto democratico e minando seriamente il futuro della democrazia in Italia. Si trovò un modo di demonizzare il nemico. Di controcanto la sinistra eresse la maschera della Purezza, della sincerità dello spirito del popolo, del Volksgeist di cui pretende di essere la custode e la rappresentante.
La sinistra si pianse addosso come martire della verità aggirata dalle simulazioni del marketing, dell’impegno politico genuino, della propaganda fatta porta a porta contro i potenti canali televisivi da cui era ostracizzata, della sincerità politica contro le illusioni del Polo delle Libertà. Il PDS, si disse, non nasconde nulla: è trasparente fino al fondo (nero). Forza Italia è il partito virtuale, erede degli ex-socialisti (che oggi sono nell’Ulivo).
Ad un anno dalla vittoria dell’Ulivo alle elezioni dell’aprile 1996 cosa è rimasto del teorema riguardo all’influenza della televisione? Come ha fatto l’Ulivo a vincere senza l’appoggio delle televisioni di Berlusconi? I Progressisti e l’Ulivo sono davvero cosi’ puri e genuini come dicono di essere? Come si comportano ora che sono al governo? Cosa si cela dietro la loro immagine e dietro il loro “buonismo” ipocrita? E soprattutto quale è il ruolo dentro la coalizione di centro-sinistra di massmediologi in ombra come Umberto Eco, Roberto Grandi, Omar Calabrese, Carlo Freccero?
Questo testo si prefigge di analizzare in profondità aspetti ancora poco compresi della cultura e della politica in Italia, sollevando maschere e aggirando dissimulazioni, mostrando le vere strategie e i veri contenuti della tradizione materialista in Italia. A questo proposito, occorre abbandonare l’idea della centralità della televisione nella lotta politica e affrontare ciò che è veramente influente: la cultura dominante in tutti i suoi aspetti. E si può dire che se la televisione favorisce la diffusione di qualcosa è proprio della cultura di massa tanto cara a certi intellettuali.
Una certosina opera di disvelamento, una breccia attraverso cui penetrare i bastioni della roccaforte della cultura di sinistra e disturbare il sonno di un personaggio della mole di Umberto Eco. Una inaspettata e scomoda controffensiva: ovvero l’avvistamento previdente di una nuova creatura della scuola materialista: tale “Luther Blissett”, sigla ormai nota agli addetti ai lavori dell’informazione e a moltissimi giovani, personaggio collettivo dai risvolti seducenti e per questo inquietanti, di sicuro gratuito e dannoso elemento di disturbo del sistema dell’informazione. Soprattutto la messa a fuoco delle responsabilità politiche e culturali di Eco e compagni nell’ispirazione ideologica dei movimenti controculturali.
Non si tratta del tentativo mitomane di denunciare l’ennesimo complotto fantapolitico, ma di svelare una strategia culturale e una visione del mondo che covano nell’Italia di oggi attraverso un linguaggio il più semplice possibile. Lasciamo a ................. il genere letterario della dietrologia sui complotti nazionali e internazionali, genere caro e proficuo a molti giornalisti.
2. LO SPETTRO DI GRAMSCI FRA NOI
Gramsci, fondatore nel 1921 del Partito Comunista d’Italia, ha conquistato recentemente una rinnovata fama negli ambienti politici e non, occupando implacabilmente le pagine culturali dei giornali. A parte i maldestri interventi del ministro Berlinguer, il sessantesimo anniversario della morte è stata l’occasione per mostrare la fortuna di cui gode Gramsci nel mondo accademico non solo italiano. A riattualizzare la sua figura non hanno pensato solo opinionisti e politici di sinistra ma anche settori della cultura di destra: sintomo come vedremo di un pensare avventato ed inesperto. Egli è incensato come pensatore antesignano della crisi dello stato moderno e come nume di riferimento imprescindibile per il presente. Peccato che la sua analisi dello stato europeo ai primi del Novecento fosse compiuta, ma sono in pochi ad accorgersene, nell’ottica della conquista proletaria del potere. Rimane, velato, un’influente totalitarismo di fondo che attuali teorici dello stato democratico stanno inconsapevolmente o meno traducendo nelle nostre forme politiche. Non si badi agli accademici americani che si potrebbero addurre come garanzia: sono paladini solo simbolicamente del liberalismo, di sicuro meno di quanto si pensa, visti i connotati di nuovo totalitarismo che la loro società di massa sta dimostrando.
Gramsci critica gli stati autoritari ma il suo pensiero non è altro che la continuazione sotto spoglie mentite, più mansuete e immateriali, degli stessi meccanismi. È uno studio del potere nelle sue nuove manifestazioni e strategie, per dare alla classe proletaria strumenti al passo coi tempi. Si potrebbe giustificare l’utilità dei suoi scritti dicendo che comunque non si tratta di una analisi cinica e machiavellica perché compiuta secondo valori politici: ma la prospettiva di senso del materialismo non è di certo raccomandabile. Il cinismo è motivato. Nei Quaderni del carcere viene ripreso il Principe di Machiavelli, ma ora nelle vesti di protagonista della nuova scalata di potere si trova il partito comunista. Non si capisce quali suggerimenti e suggestioni per la modernità si possano trarre da un progetto politico di questo stampo statalista e materialmente arrivista.
La stessa letteratura popolare e i nuovi costumi della società sono affrontati in questo orizzonte, che si propone il materialismo storico come concezione del mondo per il Novecento. Il marxismo di Gramsci sposta l’attenzione dal livello della struttura economica alla sovrastruttura, considera la valenza politica della cultura e del costume, della dimensione collettiva di senso, delle idee e dei valori, la famigerata “egemonia” che una classe o un gruppo dominante impongono a livello culturale: una visione anticipatrice della semiotica e del postmoderno. La guida dell’agone politico è affidata alla figura dell’intellettuale (il sapiente che possiede la conoscenza della struttura del reale) che deve sapersi fare dirigente politico.
La strategia gramsciana di propaganda e di conquista della società civile si basa sul controllo delle istituzioni atte alla diffusione della cultura (dai ministeri centrali alle scuole, dalle grandi tv alle edicole), ma soprattutto dei costumi popolari, ovvero dell’immaginario e dei discorsi del popolo, luogo dove i gruppi dominanti devono mediare e negoziare continuamente la loro autorità culturale. L’egemonia non è altro che il modello di cultura che impera in una società e all’interno del quale, in un continuo riequilibro, si confrontano, si negoziano e si combattono tutti i valori, le idee, le credenze. Si badi all’attenzione del vicepresidente del consiglio per il cinema e i cantanti di musica leggera, che ha pensato bene di mostrare in passerella a palazzo Chigi. È il tentativo di usare la cultura popolare come megafono dei valori materialisti e politici della sinistra.
In questa prospettiva si cala pure il goffissimo tentativo del ministro Berlinguer di riattualizzare la figura di Gramsci celebrando nelle scuole pubbliche l’anniversario della morte. Ma nelle polemica che ne è seguita si sono sollevati solo vecchi fantasmi, senza ricordare le particolarità dei modelli culturali e politici di Gramsci, che ancora oggi si possono rintracciare. Le contestazioni sarebbero andate a segno se avessero coinvolto i “gramsciani” attuali: più interessante per la situazione attuale sarebbe stato vedere come gli studi sul ruolo dell’egemonia culturale nella società trovano un continuatore nella figura di Umberto Eco.
3. IL NEOGNOSTICISMO
Umberto Eco si è difeso sui giornali evitando gli argomenti e riferendosi volutamente solo alla ridicola caccia giornalistica all’Anticristo. Ha accusato quindi i giornali di senzazionalismo, della cronica voracità per l’evento a tutti i costi: “l’Anticristo è la voglia di scoop”, ha scritto Il Messaggero. Una difesa troppo mansueta: evidentemente il desiderio era di scomparire il più in fretta possibile, come sempre, dai dibattiti giornalistici per rintanarsi nella sua torre d’avorio. La strategia di Umberto Eco è sempre stata quella della “guerriglia semiologia”, ovvero giocare e simulare all’interno del mondo della comunicazione, spesso di nascosto, con gli stessi elementi che però questa volta hanno coinvolto lui. Si è voluto costruire sulla figura di Umberto Eco quel tipo di intreccio fanta-occulto che egli stesso tante volte si è divertito ad usare. Morale: a scherzare con il “fanta-occulto” prima o poi ci si scotta. La polemica su Umberto Eco va, per questo, ripulita dalle tinte sataniche e ricollocata, per svolgerla esaurientemente, all’interno del dibattito sull’egemonia della cultura di sinistra. È stato un grosso errore, nella polemica condotta finora dai credenti, non aver esaminato attentamente i neo-gramsciani. Davvero la cultura di parte della intellighentia di sinistra si può considerare gnostica, in particolare quella di Umberto Eco, ma in una accezione più moderna e diversamente nefasta del termine. L’eresia gnostica, come è risaputo, riduceva la salvezza dell’uomo ad un atto di conoscenza, screditando le opere di carità e arrivando fino a disconoscere la divinità di Cristo. Poteva aspirare alla salvezza solo una casta elitaria di sapienti. Nel caso di Umberto Eco ci troviamo di fronte ad un neognosticismo: non è la fede nella conoscenza come itinerario di salvezza, ma nell’arte di saper muoversi e comunicare in un mondo ridotto ad una matassa amorfa di immagini, segni e conoscenze, dove possono scampare soli superbi demiurghi che vestono i panni dell’intellettuale. Nell’epoca, che alcuni filosofi come Eco definiscono “post moderna”, lo gnosticismo assume la forma di manipolazione delle conoscenze, di gioco con i meccanismi psicologici profondi della comunicazione, di riduzione del senso a simulazione, di percorsi ermetici nella selva delle umbre, in un universo di rimandi cabalistici i cui segreti sono aperti solo a pochi iniziati.
Si vive in una temperie ecumenica e tollerante, ma la polemica degli intellettuali cattolici contro intellighentia “esoterica” ha un fondamento di verità. Libera la scelta del materialismo, dell’ateismo o del laicismo, ma qui si tratta di figuri che non si limitano a criticare le credenze religiose, ma le usano, le dissacrano, le circuiscono. Umberto Eco sopra tutti. Servirsi del sacro, imparentarsi senza riconoscimento, anziché criticarlo. Si giunge poi ha compiere la stessa operazione non solo con i valori culturali, ma anche con quelli politici: con i valori di Verità, Libertà, Democrazia, Stato, Tradizione.
4. IL MATERIALISMO DI MASSA
La posta in gioco in tutto questo non sono solo la politica e la cultura in se, ma soprattutto i valori che le fondano, che la sinistra non ha mai affrontato. Anche perché, a volerlo fare, ne risulterebbe un quadro alquanto misero. Si parla spesso, è vero, di libertà, ma come valore negativo: libertà da, non libertà per. Libertà sulle scelte concernenti la maternità, l’uso di droghe, la condotta sessuale. Ma non vi è una proposta positiva. La morale di sinistra si fonda su valori alienanti: sapere ideologizzato, astrattezza filosofica, omologazione, solidarietà universalistica, perdita di identità. Non solo valori “laici” quanto pericolosamente materialistici: fortemente anti-identitari.
Quando ancora esisteva il comunismo si dedicava ai giovani un’educazione organica all’ortodossia. Dopo il crollo del 1989 sembrano essere rimasti solo i valori che lo sostenevano e la sinistra ha passato, senza battere ciglio, i giovani alla grande scuola della cultura di massa, trovando in essa un’ottima alleata e un capiente serbatoio di voti. Anche perché la sinistra non poteva avere i mezzi per interpretare questa transizione storica, essendo stata colta in controtempo dalla storia. La conversione “liberale” del PCI nel patinato PDS ha reimpostato e riattualizzato temi e strategie politiche. Scendere e navigare nel mare della cultura di massa: abbandonare le vecchie scuole di partito e lasciare che le federazioni giovanili facciano da guida.
Oggi per i giovani si distinguono le trovate del ministro Berlinguer, i reportage de l’Espresso e i giochini linguistici del semiologo nazionale preparati con i suoi studenti. Per tacere delle offerte dei centri sociali e dintorni. Il danno arrecato dalla sinistra è l’assecondare acriticamente la cultura di massa: riduzione dell’individuo ad un numero, semplificazione estrema, banalizzazione, materialismo. Ed inoltre la ripetitività e la stereotipia della cultura “pop”. Un contributo all’angoscia esistenziale dei giovani.
Un aspetto importante della cultura di sinistra, ma mai affrontato in profondità dall’informazione “adulta”, è costituito dal fenomeno del sedicente movimento “alternativo” e dalla schiera dei “centri sociali occupati autogestiti”, luoghi di produzione di tutte le mode e i costumi poi imitati da buona parte della società. Una panoplia da girone infernale dove si trovano la musica techno, i raves (in inglese “delirio”), il trash (letteralmente “spazzatura”), il feticismo, il piercing (applicarsi monili metallici in qualsiasi parte del corpo), i capelli variopinti, gli abiti (e gli atteggiamenti) paramilitari, gli impasticcamenti a base di ecstasy e anfetamine, lo spaccio di hascish e altre droghe. Varie tendenze con cui i giovani riempiono la loro domanda di felicità, sicurezza, affetti. Trattasi di movimento la cui concezione della vita, del piacere e della politica è legata con il cordone ombelicale alla scuola materialista comunista. Basta guardare le bandiere e gli striscioni appesi fuori dai loro luoghi di aggregazione per capirne la filiazione. Movimento molto più efficace della sinistra istituzionale a diffondere la cultura materialista. La prospettiva è in comune con la sinistra tradizionale ed istituzionale: respirano dello stesso retroterra ideologico, la stessa volontà e lo stesso progetto di abbattere la Cultura e la Tradizione.
5. L’ULIVO NON ESISTE
Ad esempio capitale si prendano le elezioni del 96, che sono state la dimostrazione, con la vittoria dell’Ulivo, di quanto non sia la semplice presenza televisiva a determinare il successo di una campagna elettorale. La polemica fasulla sul controllo politico esercitato da Berlusconi sulle televisioni si è rivelata una montatura per demonizzare il nemico. La fortuna di un movimento politico non dipende dalla finezza del belletto, ma dall’accordarsi o meno con la volontà della società. Ieri la maggioranza era per Berlusconi, oggi per Prodi. Ciò non esclude che i partiti ricorrano ad indagini statistiche sulle aspettative dell’elettorato e ai consigli di esperti massmediologi per quale immagine adottare. Non si vuole negare che l’immagine abbia un ruolo importante nelle campagne elettorali di oggi. Ma l’elettorato è più disingannato di quello che si crede.
La sinistra ha accusato Forza Italia di essere un partito “virtuale”, prodotto solo dal bombardamento pubblicitario televisivo e con una immagine artificiale e studiata a tavolino. Sappiamo quanto la prima accusa sia debole e intendiamo mostrare come l’immagine stessa dell’Ulivo non sia cosi’ genuina come si vuol dare a credere.
Forza Italia ha studiato e preparato la sua immagine, ma l’Ulivo non è di certo rimasto a guardare, altrimenti non si spiegherebbe la funzione della schiera di semiologi e massmediologi che circondano Prodi e compagni, alcuni dei quali sono riapparsi al recente raduno di Gargonza: Umberto Eco, Roberto Grandi, Carlo Freccero, Omar Calabrese e Maurizio Costanzo, pure assidui frequentatori di Botteghe Oscure durante le campagne elettorali. Sono queste le eminenze grigie dell’Ulivo addette al controllo dell’immagine, alla strategia medianica e al monitoraggio dell’opinione pubblica. Ad uno osservatore attento non sarà sfuggito il modo in cui Forza Italia ha proposto la sua immagine, i valori di cui Berlusconi si fatto portatore: un carattere forte, l’assicurazione di una salda leadership, il rispetto dei valori tradizionali, ecc. Pensando a livello di marketing, l’Ulivo ha costruito la sua immagine esattamente complementare (e si può dire subalterna) a quella del Polo, facendo riferimento all’immaginario e alle aspettative presenti in un’altra parte dell’elettorato. Romano Prodi bonario, impacciato a parlare, dalle metafore agresti ed emiliane, è il risultato della programmazione di Roberto Grandi, collega di Umberto Eco, che per i servigi offerti alla causa della sinistra ha ricevuto in premio, subito dopo le elezioni, l’assessorato alla cultura del comune di Bologna. Un’immagine materna quella di Prodi, premurosa e protettrice, mansueta, non portata alla polemica e al sarcasmo, a tratti istintiva, esattamente il contrario del Berlusconi paterno, decisionista, polemista e critico, sempre padrone di se e carismatico. Il “buonismo” è stata un’immagine che ha conquistato milioni di elettori, insieme a quella di un PDS liberale, costruita pazientemente da D’Alema e Veltroni insieme a Umberto Eco, Costanzo, Calabrese e Freccero. Si pensi poi al mito americano di Veltroni: venerare l’icona di Kennedy dopo aver venerato quelle di Gramsci e Togliatti. Una conversione fin troppo rapida ma efficace: contaminare l’immagine della sinistra con il facile democraticismo dei Kennedy americani, una affidabile e famosa icona popolare, santificata solo da un tragico assassinio. Si legga a proposito il libro di Grandi Prodi, una campagna lunga un anno, in cui compaiono tutti i nomi e i dettagli di questa grandiosa operazione. In definitiva, pare proprio che l’Ulivo non esista: una sigla virtuale che copre una maggioranza fittizia per un governo precario: una politica del vuoto.
6. LA BESTIA DI UMBERTO ECO
Tutti i giorni un osservatore navigato può seguire le manovre di disinformazione sui media ad opera della “onesta” sinistra, ma loschi movimenti si notano anche in altri campi dell’informazione, pratiche di sabotaggio che sembrano provenire dagli ambienti del cosiddetto “movimento alternativo”, di cui mostreremo la diretta filiazione dalle idee dei massmediologi dell’Ulivo. Nei primi mesi del 1997, i giornali italiani hanno trattato spesso del caso “Luther Blissett”, fenomeno sociale dilagante su cui vogliamo convergere la nostra attenzione, anche se seguirne le apparizioni giornalistiche non rientra nelle nostre aspirazioni.
Domenica 2 marzo, quotidiani come La Repubblica e Il Messaggero preannunciavano che a TV7, settimanale del TG1, sarebbe stata rivendicata una beffa perpetrata da un “gruppo di burloni” chiamato “Luther Blissett” ai danni di giornali e telegiornali. Si legge che costoro, per un anno intero, avrebbero seminato il panico nel viterbese organizzando false sette sataniche, scrivendo lettere pseudonime ai giornalisti e facendo ritrovare verosimili resti di messe nere. I giornali locali, il Corriere di Viterbo e la Cronaca di Viterbo, cadono nel tranello e amplificano una insofferenza per i fenomeni di satanismo presente in Italia da anni. Il tutto è stato poi smascherato a TV7 da giornalisti che in qualche modo avevano avuto contatti con il fantomatico gruppo, mostrando la versione integrale di un falso filmato nel quale pareva venisse stuprata una ragazza durante un rito satanico. Sull’onda della notorietà acquisita, giovedi’ 13 marzo La Repubblica, Il Messaggero e Il Tempo riportavano la notizia del processo al gruppo romano di Luther Blissett per un happening su un autobus nel giugno ‘95, conclusosi con una denuncia dei Carabinieri. Processo poi trasformato in performance: con un transessuale a presiedere la conferenza stampa e gli imputati finanziati e vestiti da uno stilista romano. Il Tempo li ha definiti “avanguardia artistico-culturale” e “seguaci del caos dei media”, ma conosceremo in breve la loro vera natura.
Affermiamo, in breve, che Luther Blissett è un parto della mente ............ nefasta di ..............: se non ne è l’artefice diretto, sicuramente ne è il primo responsabile e ispiratore. Con questo non si vuol dire che dietro le attuali azioni di Luther Blissett ci sia ...........: sarebbe pura mitomania computistica. Il progetto è stato congegnato per vivere di vita propria, una sorta di Golem che prosegue autonomamente contagiando gli entusiasmi e gli animi dei giovani come una peste. A quanto pare si tratta di un nome collettivo che chiunque è invitato ad usare ed è naturale che si diffonda velocemente. Vi è una fortissima somiglianza e precise coincidenze tra l’opera di Umberto Eco e la fisionomia di Luther Blissett nelle sue originarie apparizioni.
7. UN MIX STRAORDINARIO TRA INTERNET E I TEMPLARI
Questa ricostruzione nasce dalla collaborazione tra lettori con frequentazioni letterarie alquanto diverse, e perlomeno strane, come i libri usciti con la sigla Luther Blissett, per Mondadori (ma si dice che si tratti di una beffa), per l’editore di tendenza Castelvecchi e per la ................ edizioni, nonché alcune riviste. Non vuol essere un’indagine poliziesca, solo un fugace avvertimento: lasciamo ai lettori approfondire sui testi la loro curiosità.
In principio vi è la somiglianza sospetta e sostanziosa tra i Il pendolo di Foucault di Umberto Eco e il progetto Luther Blissett. Il romanzo di Eco è già stato a suo tempo al centro di polemiche a proposito del suo messaggio decadente e fatalista. Riprendiamone l’intero contenuto e confrontiamolo con l’opera di Luther Blissett.
La trama. Nel 1968, un gruppo di intellettualini milanesi, frequentatori della contestazione universitaria e redattori di una casa editrice, si ritrovano coinvolti per caso in una ricerca che insegue un fantomatico Piano esoterico mondiale per la conquista del potere. Il Piano, ricostruito per congetture storiche, attira la morbosità di fanatici e procura gratuiti omicidi, mentre i nostri si improvvisano fallimentari hard-boiled da noir americano. Il romanzo si conclude a Parigi con l’impiccagione di uno dei protagonisti al noto pendolo di Foucault da parte di una folla delirante di maghi, ciarlatani, massoni e fattucchiere nel tentativo di strappargli il Segreto dei Segreti, di cui erano certi che egli ne fosse il custode. Dispiegando la narrazione, l’esoterismo e le tradizioni religiose vengono coinvolte ed utilizzate da Umberto Eco alla stregua di leggende da rimanipolare e concatenare in un artificioso scenario demente: la stessa operazione compiuta da Luther Blissett nel contaminare con i suoi temi materialisti l’immaginario della tradizione religiosa e dell’esoterismo nobile. Come prima prova, si danno personaggi e temi, più o meno storici, usati dai nostri due autori a volte con le stesse parole, componendo un immaginario di riferimento costante: cavalieri Templari, Rosacroce, Graal, Apocalisse, Dolciniani, Conte di San Germano, Savi di Sion, Agarttha, Massoneria, Cagliostro, Alchimia, Illuminati di Baviera, Celti, Druidi, Stonehenge, Belteine, Leylines, Omphaloi, Correnti Telluriche, Ellenismo, Ermetismo, Neoplatonismo, Cabala. Chi si trovi a sfogliare i libri e gli articoli di Luther Blissett, ne può appurare la filiazione da Il pendolo di Foucault.. Uno dei temi preferiti sono i cavalieri Templari, trasformati in protomassoni depositari di conoscenze magiche e sapienze “psicogeografiche” e architettoniche. Il Piano prende avvio proprio dai Templari. L’Espresso scrisse a proposito di Luther Blissett: “Un mix straordinario tra Internet e i Templari”, che potrebbe essere, non casualmente, il perfetto ritratto di Eco.
Si noti come, nel romanzo, il personaggio di Ardenti, colui che innesca la psicosi del Piano, sia un ex fascista collaboratore delle SS. Eco non è riuscito a trattenersi dal rinnovare l’odio della sinistra rossa del passato e lo ha trasferito alla sinistra del pensiero debole di oggi, persino con un personaggio romanzesco. Questo nonostante non risparmi critiche per il movimento del ‘68 e la conseguente lotta armata: “Mi trovai in mezzo alla Rivoluzione, o almeno alla più stupenda simulazione che mai ne sia stata fatta”. Eco critica le ideologie e i movimenti come il ‘68 in quanto mito, simulazione per la massa, e ne accetta le conseguenze, ovvero l’impossibilità di ricostruire una politica sui valori tradizionali. Poiché la scena politica si è ridotta ad uno scontro fra simulacri, non rimane che stare al gioco e aumentare il caos con miti e icone pensate a tavolino. Il Piano stesso, nella sua illusorietà è la metafora delle ideologie che hanno ingannato gli uomini. Ma lo stesso trattamento è riservato alla religione, alla cultura e alla storia. Eco scherza con le religioni e soprattutto con il Cristianesimo, introducendo nel romanzo i Vangeli come una competizione narrativa fra quattro scrittori antichi che viene poi “presa sul serio”. In un altra versione, Gesù e Maria sono miti celtici e il Graal è presentato come utero della Maddalena moglie di Cristo! Si dissacra cosi’ anche l’esoterismo nobile, una venerabile tradizione umanistica in armonia con lo studio della natura: il senso del mistero e del segreto ne emergono solo come paranoie da invasati.
Per Eco è impossibile una storiografia, non credendo nella distinzione obiettiva tra vero e falso. Il caso del processo ai Templari sta a significare l’impossibilità di ricostruire la storia veritiera di un evento. È la prospettiva tipica del “postmoderno” e del pensiero debole: il mondo ridotto ad un caos di immagini, derive di senso, concatenamenti di testi e ibridi di culture. La Verità è in un gioco. Una visione che conduce diritto al pessimismo materialista di Eco: l’uomo è immerso in un caos di segni e immagini che rendono impossibili la cultura e i valori come li abbiamo conosciuti in passato. Sedotti dal turbinio telematico non rimane che rassegnarsi al meticciato selvaggio, ovvero allo smarrimento dell’identità culturale. Il romanzo si sposta infatti dall’Italia al Brasile, luogo di meticciato, di ibridazione incontrollata di culti e sette provenienti dal popolo, che contaminano e abbattono la cultura tradizionale. Eco si lancia in un elogio dei culti artificiali brasiliani, metafora del sincretismo postmoderno: “Le potenze del sincretismo sono infinite [...] è il loro modo di opporsi alle forze dominanti”. È il modello di Luther Blissett: tribù metropolitane di subculture irrazionali che assediano la Cultura. Caos in cui gongola il Multiplo Eco .
I Templari e i Rosacroce, leitmotiv della letteratura di Eco, sono elevati a modelli di mitopoiesi collettiva. I cavalieri Templari ne rappresentano il primo caso storico. Le accuse di segretezza e nefandezze inventate ai fini del processo innescano un mito sincretico in cui confluiscono varie tradizioni del cristianesimo e dell’esoterismo. Come la confraternita dei Rosacroce, che a seconda dell’angolo di visuale assume un aspetto diverso: finzione di società segreta diffusa negli ambienti teologici e politici del 1600, “ludus” di J.V.Andreae, creatura dei Gesuiti, follia collettiva sulle società segrete. Ma quasi sicuramente si trattò di una simulazione politica all’interno del cultura del tempo per attirare attenzione grazie all’aura di mistero e scatenare polemiche ad hoc.
A proposito di simulazioni, il romanzo di Eco è attraversato e sorretto dall’espediente narrativo delle esche mediatiche, ovvero dicerie e piani che i protagonisti diffondono per controllare il comportamento di altri (Il progetto Hermes, il Piano, ecc.). La strategia tipica di Luther Blissett: lanciare nei media messaggi costruiti, falsi, per creare disorientamento, disinformazione, scompiglio, catalizzare l’attenzione e manipolare ebeti giornalisti. Una pratica politica inquietante ha sostituito il confronto pubblico e democratico: la manipolazione tramite messaggi. La frase più trasparente a riguardo è: “Se temi un complotto, organizzalo, cosi’ tutti quelli che potrebbero aderirvi cadono sotto il tuo controllo”. È il caso della Sinarchia: gettare al popolo la storia di un complotto funziona sempre. Luther Blissett è una neoteoria del complotto, data in pasto alle masse ma guidata da dietro le quinte, controllandone i contenuti e la popolarità.
Nella confessione finale di Belbo il furore mitopoietico di Eco si scatena e vi si intravede lo spettro di un progetto che uscirà dalle pagine della finzione. Il delirio di onnipotenza che può spingere l’uomo a desiderarsi e sentirsi Creatore e che ovviamente non può che sfogarsi in una visione simulata del mondo: “Stiamo gradatamente ricostruendo la storia del mondo”, “Stiamo riscrivendo il Libro. Mi piace, mi piace”, “Quid est veritas? noi”. La mitopoiesi, come la vogliono Eco e il Multiplo, consiste nel riscrivere la Storia, produrre immaginario e leggende che influenzino le masse.
La confessione di Belbo: “Inventare un Piano: il Piano ti giustifica a tal punto che non sei neppure responsabile del Piano stesso. Basta tirare il sasso e nascondere la mano”. “Se proprio bisogna credere, che sia una religione che non ti fa sentire colpevole. Una religione sconnessa, fumigante, sotterranea, che non finisce mai. Come un romanzo, non come una teologia”. “Vivere come se un Piano ci fosse: la pietra dei filosofi”. “Creare un’immensa speranza che non possa mai essere sradicata perché la radice non c’è. Degli antenati che non ci sono non saranno mai li’ a dire che hai tradito. Una religione che si può osservare tradendola all’infinito. Come Andreae: creare per gioco la più grande rivelazione della storia e mentre gli altri vi si perdono, giurare per il resto della tua vita che non sei stato tu. Creare una verità dai contorni sfumati: non appena qualcuno cerca di definirla, lo scomunichi. Giustificare solo chi è più sfumato di te. Perché scrivere romanzi? Riscrivere la Storia. La Storia che poi diventi”. “Inventare, forsennatamente inventare, senza badare ai nessi, da non riuscire più a fare un riassunto. Un semplice gioco a staffetta tra emblemi, uno che dica l’altro, senza sosta. Scomporre il mondo in una sarabanda di anagrammi a catena”.
8. SEGNI, INDIZI E ABDUZIONI
A queste prime somiglianze e coincidenze, quasi per caso, si collegano altri riferimenti, grazie anche a segnalazioni provenienti dal bolognese. Ovvero che: Eco insegna da anni all’università di Bologna, città d’origine e d’azione del progetto Luther Blissett. Eco è un cultore di Internet (rete di proliferazione ed elezione del fenomeno Luther Blissett), tanto da essere definito dai giornali il “prof. Internet”. Inoltre è strepitosa la somiglianza caratteriale e “strategica” tra Eco e Luther Blissett: Eco è molto restio ad apparire in televisione, sceglie la carta stampata, lavora dietro le quinte e comune è il rifiuto dello star-system e della visibilità del singolo. Ma Eco sa bene che un’assenza integrale si riproduce in fama per l’attenzione e i discorsi che induce, cosi’ come l’anonimato di Luther Blissett si rovescia in una forte notorietà.
Un’altra traccia palese. Eco si è spesso divertito a giocare con nome multipli e pseudo-autori.
Si pensi al Conte di S.Germano che compare ne Il pendolo di Foucault, sorta di nome collettivo trans-storico che chiunque può adottare, ingigantendo cosi’ la leggenda della sua immortalità e della sua ubiquità. L’esempio più importante è comunque Milo Temesvar, psudoautore inventato da Borges per beffe editoriali e culturali (sic!) e poi assunto e presentato da Eco nei suoi libri (vedi Apocalittici e integrati), citandolo pure tra gli ispiratori de Il nome della rosa. È cronologicamente il primo prototipo di nome multiplo. Fra l’altro, Eco è docente all’università di Toronto (la cui labirintica e gigantesca biblioteca ha ispirato quella de Il nome della rosa) a cavallo degli anni ‘80, proprio nel periodo di sperimentazione di un artista multiplo negli ambienti della pittura e della musica d’avanguardia canadesi, che Luther Blissett riconosce come uno dei suoi precursori.
“Coincidenze” luminose. Un nome come Luther Blissett poteva coniarlo solo .......... Come vedremo solo un attento studioso e sostenitore della cultura di massa poteva scegliere, per creare un personaggio collettivo, il nome di un ex-calciatore di una squadra popolare. Il “vero” Luther Blissett è stato un giocatore inglese del Milan nella stagione 1983-84: un giocatore nero, cosicché la scelta è stata anche politicamente corretta. E solo un appassionato di ermetismo poteva dare l’esatta lettura cabalistica delle iniziali che hanno perseguitato la stampa in questi anni. Nella cabala la tecnica del notariqon consiste nel ricavare i significati secondi e metafisici di una parola usandone le lettere come iniziali di altre parole. Questa tecnica è stata chiaramente applicata anche al nome multiplo. Leggiamo direttamente dai sacri testi: in Alla ricerca della lingua perfetta (1993), pag. 33: nella cabala “l’ultima lettera di LB (cuore) è la prima di Binah (intelligenza)”! Il giocoliere cruciverbista, non poteva lasciarsi sfuggire una tale finezza nel coniare il nome: Luther Blissett = cuore! E ormai non ci sorprende più a scoprire che il simbolo del Multiplo è proprio un cuore, come si può appurare dalle sue prime pubblicazioni, quando ancora il fenomeno era conosciuto pochissimo.
9. IL SUPERUOMO DI MASSA
Eco, si diceva, è stato tra i promotori del materialismo di massa: Apocalittici e integrati (del 1964) è tra le prime esplorazioni e colonizzazioni del campo: apologia della cultura di massa contro “anacronistiche” difese a oltranza della tradizione. Si propone di contaminare cultura alta e bassa, rielaborando completamente la concezione della prima. Il nuovo luogo della Cultura, la nuova forma di fruizione è quella creata dai nuovi mezzi di comunicazione di massa, in primis la televisione. È la entusiasta deflagrazione della cultura “pop”, l’unica veramente seguita dalle masse: cinema, fumetti, canzonette, moda, consumismo. Di conseguenza è qui che si sposta l’agone sociale, il luogo dove si confrontano e negoziano valori e credenze. La critica è rivolta agli “apocalittici”, ma Eco, alla fine, ne esce completamente “integrato”, nonostante con piglio accademico ci voglia rassicurare del contrario.
Eco considera centrale studiare tutte le forme culturali, compresa la religione e la politica, come processi di mitizzazione: “mitizzazione come simbolizzazione inconscia, identificazione dell’oggetto come una somma di finalità non sempre razionalizzabili”. Anche il Cristianesimo e la passione artistica sono generi dei miti collettivi, grandi o piccole costruzioni sociali a cui i nostri desideri anelano. Fedele alla concezione di Marx dell’uomo come sovrastruttura, come pura determinazione di processi sociali ed economici. Eco sostiene che la mitopoiesi è tipica della società di massa: miti intorno ai quali si concretizzano le credenze e le aspirazioni esistenziali e politiche. La mitopoiesi nasce dal basso ma è informata dall’alto, dai “persuasori occulti”, politici e non, esperti sciacalli degli umori collettivi. Eco sa bene che la società di massa a livello politico cede facilmente ai miti, soprattutto in una società molto complessa, dominata da una pervasione babilonica dei media e dei prodotti della cultura “pop”. Conosce il modo di produrre un’immagine mitica e poi diffonderla: strategia subdola che non ha mai denunciato pubblicamente, ma usato in silenzio.
Eco afferma che la cultura pop ha la capacità di persuasione dei miti del passato, ed è su questa potenzialità che si innesta il progetto Luther Blissett. Eco sa bene che i simulacri, gli idoli della cultura “pop” hanno la capacità di entrare nella mente e nei comportamenti delle persone, di produrre segni duraturi nella cultura e nella politica. In questo senso considera “Superman modello di eterodirezione”, cioè, in parole meno tecnicistiche, di persuasione delle masse. E qui si effonde nella spiegazione di come i miti culturali e politici persuadono le masse a livello emotivo e non razionale, modulando l’immaginario inconscio. L’emulo di Superman oggi, a livello politico? Luther Blissett, la scelta politica di Eco: una volta per tutte un effettivo persuasore occulto.
Col tempo la scienza si affina e nel 1968, con La struttura assente, si delinea la prima teoria semiotica, che attraverso il semplice concetto di segno tenta di spiegare ogni cosa. Non solo il linguaggio e l’economia, ma anche l’ideologia è considerata semiotica. Agire sui segni e sulle immagini è agire sui pensieri, sulle credenze politiche. La cultura e la politica si riducono ad un insieme di immagini persuasive: valori e passioni sono alla mercé dei segni. Nel grande calderone pansemiotico finisce anche l’architettura, anzi, scusate, il segno architettonico, visto come comunicazione e costruzione politica, organizzazione urbana, metafora solida della semiotica. L’architettura denota “una funzione pratica” e connota “una ideologia globale”. L’architettura è un modo della comunicazione di massa e “si muove in una società di merci”. Il discorso architettonico è: “persuasivo, psicagogico, fruito nella disattenzione, interpretabile in modo aberrante”. Una chiarissima filiazione lega questa teoria alla “psicogeografia” di Luther Blissett: un pensiero puerile che considera l’architettura una pericolosa “ideologia dominante” da combattere per instaurare uno spazio da variare a piacimento: ma in che modo? Seguendo questo filone esoterico e sovversivo del pensiero di Eco si giunge a Per una guerriglia semiologica (1973), in I costumi di casa, ora praticamente introvabile. Si tratta di una delle più potenti teorizzazioni della sinistra marxista nel campo della comunicazione e della cultura di massa, sull’onda del movimentismo “creativo” del ‘68. In questo testo si analizza la divergenza che spesso emerge a livello politico e culturale tra i codici di chi ha il controllo della comunicazione e i codici dei pubblici che ricevono il messaggio. Disparità dovuta a differenti livelli di educazione culturale o a scelte politiche coscientemente contrastanti quelle dominanti. Naturalmente il riferimento è alla situazione dei paesi occidentali appena usciti dal sessantotto. Considerata la disparità di codici tra i partiti dominanti e alcuni soggetti politici, Eco propone non di cercare un dialogo, una convergenza tra visioni differenti, ma di mettere in risalto la massima divergenza in modo da far esplodere le differenze ideologiche (e possibilmente l’intero sistema delle istituzioni). Non si cerca il confronto critico e aperto ma la provocazione del caos e l’esasperazione dei conflitti in modo da renderli insopportabili e far crollare tutti i rapporti istituzionali. Sabotare il sistema, portandolo al massimo di giri, non semplicemente intralciandolo. Lo stesso programma che si propone il Multiplo con le sue incursioni su tv e giornali, mantenendo la tradizione dell’etica dei movimenti extraparlamentari. Non la conquista delle poltrone che controllano i mezzi di comunicazione (cosa a cui peraltro ha pensato l’Ulivo), ovvero non il controllo della fonte, ma del pubblico, in modo da indurlo al rifiuto “rivoluzionario” del codice dominante. Luther Blissett riproduce questa strategia nei confronti dell’immaginario collettivo, catalizzando le attese dei giovani, seducendoli in una adorazione quasi religiosa della sua icona: un supereroismo corrotto.
Per fare un mito ci vuole almeno un semidio. Eco, per produrne un surrogato, si ingegna nel 1978 nel suo studio intorno a Il superuomo di massa, che descrive come sono nati e come si costruiscono i miti “pop”, soprattutto letterari. Tutti i romanzi di Eco rispecchiano questa tecnica: pastiche di stereotipi che strizzano l’occhio al lettore, bricolage controllatissimo dell’intreccio e della psicologia dei personaggi, opere di ingegneria narratologica, mai una letteratura che nasca dalla passione, dall’emozione, solo fredda costruzione. A questa sapienza dell’ingegneria sociale si aggiunge una lettura volgarissima (nel senso di vulgus) del tema del superomismo, suggerita dalla buon’anima del sempreverde Gramsci: ipse dixit: “In ogni modo pare si possa affermare che molta sedicente “superumanità” nicciana ha solo come origine e modello dottrinale non Zarathustra, ma il Conte di Montecristo di Dumas”. Il mito di massa come modello dell’oltreuomo. L’Ubermensch che interessa Eco non è l’uomo che voglia superare se stesso ma un mito per le masse da ammirare ed imitare passivamente. Dopo le ideologie di massa è ora il tempo delle star di massa: Eco si è adeguato ad un nuovo modo di diffusione ideologica e Gramsci insieme a lui dimostra di non capire affatto Nietzsche, ma di capire come far propaganda. È il progetto del passaggio da una sinistra ideologica a una “postmoderna”, “mediatica”. È filosofia degenerata a delirio: secondo Gramsci ne Il conte ci Montecristo di Dumas ci sono “i germi di quella figura del Superuomo che la filosofia avrebbe inventato solo più tardi”. Come se l’Ubermensch, nell’accezione più prometeica, tragica, filologicamente nietzschiana dipendesse da banali miti di massa. Ma se si vuole conquistare la coscienza della massa ci vuole un superuomo, un idolo più che una ideologia: ricordiamo che Luther Blissett si è sempre proposto come personaggio non come ideologia o movimento. Luther Blissett è il nuovo superuomo di massa.
Dalla teoria semiotica si arriva, nel 1991, all’universo ermetico e pansemiotico de I limiti dell’interpretazione. Eco non si accontenta della visione postmoderna del mondo come caos di vuote simulazioni. Il suo universo è il sogno ermetico, è la pansemiosi neoplatonica e cabalistica: tutto è segno di qualcos’altro, in una catena di molteplici legami e rimandi senza la minima armonia o volontà. Ma: “Tutto si tiene”, anche se non si capisce come. Cade il principio di non contraddizione e quello di identità: è la crisi del Soggetto ma soprattutto della Verità, ci si libra nell’equivalenza del Vero e del Falso. Foraggio teorico per le campagne ostili di tanti movimentucoli contro l’identità, l’Io e la Verità. Il Multiplo sguazza in questo universo: monta storielline esoteriche dove Templari e Druidi incontrano Marx, Marcos e satanisti sparsi, convinto di creare senso ed educare menti inebetite dai media. La verità per Eco è concatenare in modo selvaggio e arbitrario temi e personaggi della tradizione culturale. All’illuminazione neognostica può aspirare solo chi riesce a districarsi tra tali nodi, velami, trappole, beffe, macchinazioni. Altro strumento indispensabile per la navigazione in cotanto mare è la “deriva illimitata di senso”, teorizzata sulla scorta di Pierce, che porta ad aprire un’opera fin troppo aperta. Ed è la stessa “deriva” tanto cara a Luther Blissett.
Nell’universo ermetico ha un ruolo importante il segreto, descrizione psicologica che Eco riprende da Il segreto e la società segreta di Simmel. Luther Blissett è l’applicazione di questa strategia: le beffe sfruttano l’inverificabilità delle notizie, ma soprattutto la cortina di anonimato e di segreto intorno ad un nome collettivo non fa che attirare attenzione morbosa. Paradossalmente un soggetto anonimo guadagna cosi’ grande diffusione. Eco deride i dietrologi ma sa sfruttare delle masse la fascinazione per il segreto. Anche qui si cita il caso ..........................................................................................., complotti inesistenti prodotti ad hoc a fini politici. Un buon tirocinio.
L’iniziazione ermetica culmina con Alla ricerca della lingua perfetta del 1993. Oltre al già citato riferimento alle ascendenze ebraiche del nome del Multiplo e delle famose iniziali, si trova la definitiva beatificazione dei Rosacroce come modello. Eco li cita in ogni libro. Affinità elettiva, tanto da scrivere la prefazione alla Storia dei Rosacroce di Paul Arnold. Non si sa nulla di preciso su come siano nati: l’ipotesi citata da Eco è che siano creatura dei gesuiti “per insinuare elementi di spiritualità cattolica all’interno del mondo protestante”. Il meccanismo del “collegio invisibile” è semplice: essendo anonimo e pubblico si crea una fama nebulosa e indistinta che si diffonde senza alcuno sforzo. Una strategia del segreto. Il prototipo elettivo per il progetto Luther Blissett di ................:
“ludus” e “fictitium”, un gioco mediatico per insinuare elementi destabilizzanti nei media, che però può produrre conseguenze spiacevoli.
Nel finale Eco compie il giustificato elogio della babele linguistica, ovvero delle singolarità nazionali e regionali, ma tradisce la difficoltà di accettare che le singole lingue nazionali godano di vita propria. È la volontà di ricostruire una lingua universale in cui tutte si annullano, volontà di dominio unificatore testimoniata dalla sua semiotica, dalla costruzione scientifica dei suoi romanzi. È ancora lo spirito cosmopolita e livellatore dell’Illuminismo e del Marxismo. L’Identità Universale dove le particolari devono annullarsi.
10. NON NATO DA DONNA
Con questo studio abbiamo fatto qualcosa che ancora nessuno aveva fatto prima di noi.
Finora tutti hanno evitato di guardare in faccia il fallace simulacro della filosofia di Eco e compagni. Il Multiplo costituisce una evoluzione della sinistra tradizionale: abbandonato l’impegno politico partitico o movimentistico, si abbraccia lo studio della semiotica e dei mass-media e si sperimenta una sinistra che potremmo definire “postmoderna”, dedicata a forme poco democratiche di militanza, come il segreto, la cospirazione anonima e le beffe diffamatorie, sfruttando la grande forza di pervasione della cultura di massa e dei mezzi di comunicazione.
Il progetto Luther Blissett, guarda caso, comincia a svilupparsi dopo la vittoria di Silvio Berlusconi alle elezioni del ‘94: l’intellighentia dei progressisti, nella veste di Eco, pensando di aver perso per non avere controllo sulle televisioni, comincia a pensare a modi di persuasione occulta. Il progetto Luther Blissett esplode come fenomeno di massa poco prima delle elezioni del ‘96 vinte dall’Ulivo, elezioni in cui Umberto Eco, Roberto Grandi (collega e amico del Migliore), Omar Calabrese e Carlo Freccero fanno da consulenti di immagine e strategia mediatica per l’Ulivo e frequentano Botteghe Oscure. Come si legge nel libro di Grandi su Prodi, Eco è stato uno dei primi ad accorrere a consigliarlo e a stilare con i suoi assistenti documenti riservati. Si è voluto approntare tutte le armi disponibili ed esplorare tutti i campi.
Eco, prima di altri in Italia, ha spostato la sua attenzione alle nuove tecnologie (i media conosciuti ormai non bastano più). Da recenti interviste sembra che la sua preoccupazione politica sia di scongiurare in Italia i cosiddetti “proletari di Internet”, ovvero coloro che non possiedono computer, mezzi e conoscenze per permettersi di navigare e comunicare in rete. La parola ‘proletari’ la dice lunga sul ruolo e gli intenti che questi dovrebbero avere nella rete. Ma Eco insegue un’illusione da tecnocrate di sinistra: è proprio sicuro che la prima preoccupazione di milioni di italiani sia poter perder tempo in Internet? E soprattutto cosa può accadere di cosi’ nefasto se milioni di italiani non sanno o non vogliono partecipare alla mondanità virtuale?
Luther Blissett è un progetto inquietante perché basato su una forma subdola ma ormai diffusa, destabilizzante e settaria di azione, che potrebbe affascinare pericolosamente i giovani, come in passato l’impegno politico extraparlamentare e clandestino. Manifesta dunque solo in superficie una diversa conoscenza, per sedurre più sicuramente e senza impedimenti i giovani.
Eco e Ulivo da una parte e Luther Blissett e i centri sociali dall’altra condividono uno stesso progetto e comuni radici ideologiche: materialismo storico e laicismo di basso rango, imposti con strumenti di propaganda egemonici. Basta guardare i centri sociali con le loro acclamate tendenze inumane, come rave, impasticcamenti e piercing, e la sinistra istituzionale con la ghettizzazione della cultura religiosa e tradizionale e della libertà di educazione e insegnamento. Già da ciò dobbiamo concludere che la loro filosofia è un vano sogno, e che per questo ha prodotto tanta futilità e vuotezza.
Invitiamo tutti coloro che hanno letto questo pamphlet a divulgarlo e a riprodurlo liberamente con il fine di inaugurare in ogni ambito una discussione approfondita sullo stato della cultura e della politica in Italia. Soprattutto chi è impegnato nel mondo della cultura e dell’informazione dovrebbe sentire la responsabilità di sensibilizzare la società a questi temi. La cultura italiana non deve essere lasciata all’austera erudizione della sinistra o alle nuove mode di sedicenti trasgressivi. Proviamo ad attaccarla per saggiare le potenzialità di difesa e studiare il suo tallone d’Achille, smuovendo il pantano delle inutili e ripetitive pagine culturali dei giornali.
Nostro compito è di gettarci direttamente sui Maestri dell’Inganno e strappare la loro tela.