La lezione del Capitol House nel campo delle vestali
La befana americana ha messo fine alle aspettative deliranti a destra, ma questo lo abbiamo già detto. Ha contribuito però a mettere a nudo la stucchevole ipocrisia delle varie vestali della democrazia.
Putsch!
Ma quale golpe, una folla eccitata e che si è sentita tradita, ha finito con il riversarsi dentro il Congresso, che è aperto al pubblico e, una volta dentro, ha vagato tranquillamente, immortalandosi in selfie da vacanze del post/lavoro.
Era lì, spinta dall’onda emotiva, ma senza programma, senza sapere più cosa fare.
I commissari politici e le bigotte della religione dem hanno parlato subito d’insurrezione, si sono indignati, hanno fatto quadrato (sulla tastiera) e hanno difeso la civiltà dai barbari, vestiti con pelli di bisonte.
La polizia
Quella che avrebbe aiutato gli “insorti” lasciandoli fare, ha nondimeno causato la morte di quattro persone e ne ha arrestate una sessantina.
È possibile che abbia inizialmente lasciato fare, per poi chiudere la trappola per topi, ma che abbia favorito i ribelli è assolutamente infondato.
Eppure gli ipocriti di cui sopra tempestano la rete e i media d’indignazione perché con Black Live Matter le forze dell’ordine sarebbero state più violente. Ma non si ha notizia di una manifestazione BLM con quattro morti.
L’insurrezione
Assumiamo come concessione dialettica che la protesta debordata a Washington sia di genere insurrezionale. Gli ipocriti di cui sopra la stigmatizzano scandalizzati. Ma molti di loro, compreso il presidente Biden, avevano incoraggiato le azioni violente del BLM perché “giuste”.
Sono gli stessi che mitizzano la lotta partigiana, con tanto di assassinii a freddo, con gli attacchi alle istituzioni, con le stragi, con gli attentati dinamitardi, con le torture e le giustizie sommarie dei prigionieri.
Per quella gente l’insurrezione è giusta se in linea con le proprie concezioni, ma è peccato mortale se, chi non le condivide, non dico insorge, ma osa soltanto manifestare un pensiero che a loro non piace.
Gli adoratori di idoli
Non si tratta solo di meschinità umana, di doppiezza, di malafede: è qualcosa di più.
Abbiamo già visto come il fallimento trumpiano al Congresso fosse inscritto nel gene della credenza nella democrazia. E qui proprio di democrazia si tratta. Ovvero del sistema di controllo e di governo basato su dogmi di divinità idolatrate (come la Ragione, la Libertà e l’Umanità, regolarmente con la maiuscola in quanto – per come le intendono loro – astratte e inesistenti).
Un sistema che ha il suo clero e i suoi funzionari, gente che fonda la dialettica di potere principalmente sull’ipocrisia, la propaganda su tecniche scientificamente calunniose, e della giustizia non ha sentore, né sete, e men che meno rispetto.
Essere antidemocratici non significa inseguire progetti dittatoriali o, come sostengono sempre gli ipocriti, volersi imporre sugli altri. Significa, al contrario, avere un senso alto della giustizia, l’orrore del sopruso e dell’ipocrisia, lo schifo per la ferocia del branco e porre la centralità della dignità e della libertà.
Poi, ma solo poi, significa avere una concezione politica e dei traguardi politici di genere etico ed esistenziale.
Di sicuro significa non insozzarsi nello strisciare quotidiano e non adoperare lingua biforcuta.
Insomma, essere uomini.
Gabriele Adinolfi