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Il Cristo degli Alpini, Baracche del Dosegù (Clik immagine)Leggere queste parole, scritte ormai 20 anni fa riflettere come la Chiesa sia profondamente cambiata anzi direi inesorabilmente cambiata a ognuno se il cambiamento sia in meglio o in peggio.

Il lavoro, gentilmente fornitoci da amici impegnati con personale militanza in una associazione cattolica, ci appare chiaro e sintetico. Naturalmente si presta ad integrazioni ed anche ad eventuali critiche che saremo ben lieti di ospitare.


1.COSA NON E' LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Volendo descrivere quali sono i contenuti delle dottrina sociale della Chiesa, occorre in primo luogo cercare di intendere che cosa essa è, quale sia cioè la sua natura, la sua essenza. Per questo è utile seguire il procedimento di ricordare che cosa la dottrina sociale della Chiesa non è e poi quello di dire, invece, che cosa essa è, assumendo in entrambi i casi come fonte la Chiesa stessa ciò che essa dice di se stessa.
Per prima cosa la dottrina sociale della Chiesa non è ne una delle ideologie moderne ne tantomeno un insieme di tecniche o di regole (una “ricetta” ) applicando le quali la società "funziona" bene, indipendentemente dall'atteggiamento,volto al bene o meno del singolo individuo. Essa non è neppure, come vorrebbero alcuni, una dottrina che investe il solo ambito socio-economico, bensì riguarda tutta la sfera delle relazioni pubbliche umane, tutta la vita della società, nessun ambito escluso. Sotto un altro aspetto, non è, ancora, come qualcuno in tempi post-conciliari ha lasciato intendere, un insegnamento asistematico, occasionale e non universale del Magistero ecclesiale(1), bensì è un corpus di insegnamenti ben compaginato(2), creato nei secoli attorno ad alcuni filoni ideali fondamentali, esplicitato più o meno, a seconda dei tempi. Anche riguardo alla forma della sua proposizione si può osservare questo carattere di visione ampia e di ricerca profonde: encicliche quali la Rerum novarum di Leone XIII o la Mater et magistra di Giovanni XXIII, ad esempio, sono splendide costruzioni tecniche, sintesi grandiose di intere scuole di pensiero sociale e in esse si coglie un disegno speculativo armonico e unitario mai disgiunto peraltro dall'ansia pastorale dei pontefici.
Infine, - per limitarci ad alcuni aspetti più macroscopici (tralasciamo l'argomento secondo il quale non esiste una dottrina sociale della Chiesa) - la dottrina sociale della Chiesa non è un ritrovato della Chiesa dell'Ottocento in crisi di fronte all'affermarsi della civiltà moderna e al progresso delle idee "laiche", liberali o anche socialiste(3), e timorosa di perdere il controllo delle masse del tempo: la dottrina sociale della Chiesa, viceversa, esiste da sempre e soltanto il venire meno della società d'impronta cristiana nel Settecento e nell'Ottocento richiede che la Chiesa passi ad una sua enunciazione positiva. Finchè la dottrina sociale restava impressa, incarnata nelle istituzioni e nei costumi sociali tale esplicitazione era meno urgente o, addirittura, inutile. Questi tre ultimi aspetti sono stati, con proprietà, definiti”il triplice riduzionismo”del quale la dottrina sociale della Chiesa ha patito in tempi recenti, anche all'interno della Chiesa stessa(4).

2.CHE COS'E' LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Che cos'è allora la dottrina sociale della Chiesa? Una dottrina rimanda normalmente ad un'azione:la presenza,quindi l'azione sociale dei cattolici e,con loro degli uomini di buona volontà deve averne una e questa,in quanto azione cioè insieme di atti dell'uomo, ricade sotto la voce “morale” e ne è null'altro che la specificazione e l'applicazione alla società: la dottrina sociale della Chiesa è dunque la morale sociale cattolica e, nella misura in cui la morale cattolica incorpora, perfezionandolo, il dettato della morale naturale, è morale sociale tout court, valida quindi non solo per il credente ma per tutti gli uomini di buona volontà. Così la identifica la teologia cattolica (5) e così pure il magistero supremo la intende: secondo Giovanni Paolo II, infatti, la dottrina sociale della Chiesa è “teologia morale” a pieno titolo (6).
E' importante sottolineare che, come la morale non è un mero apparato di regole di imposizione estrinseca ma è funzionale al piano di amore di Dio nei confronti dell'uomo e del creato, così la morale sociale è il modo attraverso il quale il progetto di Dio nei confronti delle società storiche si attua e queste stesse possono testimoniare - attraverso il rispetto dei precetti sociali- il loro “amore” a Dio o, quanto meno, il riconoscimento del legame di dipendenza creaturale da Lui.
Vi è chi (7) ha- estendendo le premesse del concetto in via analogica- parlato di “ascesi sociale” e, persino, di “mistica sociale”come sviluppi potenziali della “morale sociale”.
Per usare un'immagine, potremmo dire che, come la morale individuale si impernia sui dieci comandamenti, sui doveri verso la Chiesa e sui doveri di Stato, la dottrina sociale della Chiesa costituisce l'applicazione, la proiezione nei rapporti sociali degli stessi insiemi di norme. Dalla definizione sopra ricordata di dottrina sociale della Chiesa come parte della teologia morale, si possono evincere alcuni caratteri della sua fisionomia: quello di sistematicità, di “scientificità”, di incastonamento all'interno di un insieme ordinato di discipline sacre, quello, infine, di essere sviluppata secondo un metodo orginale; quello delle scienze filosofiche e teologiche morali.

3.IL VALORE DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Quale,allora, alla luce di queste considerazioni, il valore della dottrina sociale della Chiesa?
Innanzitutto, per il battezzato gli enunciati della dottrina sociale della Chiesa- ovviamente purchè oggettivamente facenti parte del corpus, quindi risultanti da magistero ecclesiale autentico e di peso sufficiente- hanno carattere vincolante. Egli non può, in altre parole,considerare gli insegnamenti sociali della Chiesa come facoltativi, bensì ad essi deve uniformare il proprio comportamento pubblico, sia come singolo soggetto agente nel sociale e,sia, eventualmente, come detentore di funzioni o cariche sociali.
A conferma di questo vi è da ricordare l'insegnamento di Giovanni XXIII nell'enciclica del 1962 Mater et magistra, secondo cui la dottrina sociale della Chiesa "è parte integrante della concezione cristiana della vita" (8): come tale essa, dunque, non può essere avulsa dal tutto costituito dal “programma” del cristianesimo cattolico.
Come questo,infatti,trova compimento e sintesi nella dottrina culmina della regalità di Cristo nei cuori, così la dottrina sociale della Chiesa culmina, si attua e si compie nella regalità sociale del Redentore: così insegna l'enciclica di Pio XI Quas primas del 1925 con la quale,inoltre, il pontefice istituisce la tutt'ora vigente festa di Cristo Re al culmine dell'anno liturgico.


4.LE FONTI

La dottrina sociale della Chiesa riposa su tre cardini: il Vangelo, la sana filosofia e l'esperienza: nasce “ex fide, ex ratione, ex experientia”. Il Vangelo, la fede ne è la fonte principale: è esso il fermento che ha prodotto la stupenda “cattedrale sociale” costituita dalla civiltà del Medio Evo cristiano europeo, attraverso un processo di formazione plurisecolare attuatosi fondamentalmente nella conversione dei singoli, dei popoli, dei potenti e fecondato dal sangue di migliaia di martiri, dalle preghiere e dalle penitenze di innumerevoli anime, dall'eroismo di tanti santi confessori. Nella civiltà europea dei secoli IX-XIII il Vangelo rifulge -- al di là degli offuscamenti indotti dal peccato di origine --e si trova come impresso nelle forme, ma soprattutto nelle strutture, nelle istituzioni, nei costumi profondi delle società e dei popoli (9). La sana filosofia, la “philosophia perennis”, pensiero che è frutto dell'articolazione del semplice buonsenso comune, fondata sul realismo cristiano, sul principio di non contraddizione, sul primato dell'essere ne costituisce ,il substrato razionale fa sì che il Vangelo non venga interpretato letteralmente -- in maniera fondamentalistica, diremmo oggi -- e possa produrre quindi al limite quei concentrati di follia offerti da più di una setta cristiana, ma venga mediato attraverso i principi di ragione -- una ragione che non pretende, da un lato, di conoscere tutto, ma che dall'altro non si auto censura o si rinchiude entro il puro regno fenomenico dall'altro -- sì che questi, attraverso la grazia vengano confortati ed elevati e la grazia stessa trovi incarnazione felice, feconda e duratura. Nel contesto dei fondamenti filosofici della dottrina sociale della Chiesa va menzionata in particolare la dottrina del diritto naturale cristiano (10), che, nato dalla alta speculazione patristica e tomistica viene ripreso dai grandi teologi spagnoli del Seicento e da allora viene assunto a fondamento di tutto il magistero pontificio, almeno fino Giovanni XXIII. L'essenza di questo pensiero è lo sforzo di individuare nel piano creatore di Dio la modalità con la quale esso( o la legge eterna che vi presiede) si estrinseca nella creatura razionale e nel mondo a cui Dio da vita: da questo, dalla individuazione della natura umana in tale contesto, da questa antropologia, deriva quindi una corretta e “fisiologica” filosofia sociale, nonchè una filosofia del diritto tendenzialmente oggettiva e nemica di ogni totalitarismo.

L'esperienza storica: la Chiesa, “madre e maestra” del genere umano, insegna da due millenni e da due millenni impara, trae profitto dalle lezioni dell'esperienza (Paolo VI dirà che la Chiesa è “esperta in umanità”), dai soggetti cui si rivolge. Oltre a ciò,i principi della dottrina sociale della Chiesa hanno già costituito l'anima della società europea -- e non solo europea -- nei secoli passati e, talora, barlumi di essi tutt'ora permangono vivi nelle società contemporanee.
E' quindi questo tesoro che la Chiesa offre disinteressatamente all'umanità nel puro e semplice sforzo di conformarsi al divino fondatore e per attuare la propria missione di cooperare a generare nuovi redenti in Cristo.
La società è a tale fine,un fattore importante, anche se non determinante.Pio XII ricorda, infatti, con estrema felicità di espressione, che “dalla forma data alla società dipende [...] anche il bene o il male delle anime”(11).

5. I PRINCIPI

I principi che informano la dottrina sociale della Chiesa (12) si possono ridurre fondamentalmente ai tre seguenti.

(A) Il principio di solidarietà secondo il quale l'uomo è un essere sociale ed esiste un legame essenziale tra l'individuo e la società,nel senso che il bene dell'uno rimanda al bene dell'altro e viceversa.Esso si oppone sia all'individualismo sociale di matrice illuministico-liberale sia al collettivismo, i quali privilegiano in maniera disequilibrata, rispettivamente, l'uno o l'altro termine.
(B) Il principio di organicità o del bene comune.Chi non ricorda il vecchio apologo di Menenio Agrippa sul corpo (la società) e le sue membra (i singoli) e sulla necessità della collaborazione tra queste ultime per la salute di tutto il corpo? La concezione cristiana della società assume e rafforza questo concetto di interdipendenza gerarchica tra le componenti del corpo sociale e definisce il bene comune non come la mera sommatoria dei beni dei singoli membri bensì come “valore aggiunto” al bene del singolo per il fatto stesso della società,grande o piccola che essa sia,in quanto essa contribuisce per propria essenza e missione a far sì che i singoli conseguano con minor difficoltà il proprio perfezionamento personale.
A questa visione si oppongono l'organicismo, una forma di corruzione del principio di organicità proclama il primato del organismo (stato,nazione,ecc.)sul singolo membro la quale “apre” verso prospettive di ri-plasmazione della società secondo modelli astratti e in chiave materialistico-darwinistica,in altre parole a prospettive totalitaristiche e castali (l'uomo”piede”può avere uguali diritti dell'uomo “testa”?).
(C) Il principio di sussidiarietà (13) secondo il quale nella società,concepita come un organismo che integra al suo interno organi e apparati (nella società vivono famiglie,comunità, corpi intermedi,realtà municipali,associazioni economiche e professionali, centri di autorità politica, istituzioni culturali, circoli intellettuali, sistemi educativi,ecc.), gli organi di natura (cioè con finalità) superiore non devono prevaricare le prerogative e la vita autonoma delle comunità intermedie e inferiori, ma anzi, devono mettere i propri mezzi (in misura massima lo stato, che è società perfetta, cioè che ha in sè tutti i mezzi i per raggiungere il proprio fine di tutela e promozione della vita sociale) a servizio di queste ultime affinchè esse - che non hanno in sè tutti i messi necessari per il proprio fine- possano vivere e svilupparsi autonomamente.

6. L'OGGETTO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Da te tutte queste premesse,vediamo ora quali sono gli oggetti cui la dottrina sociale della Chiesa si applica e a quali ambiti la Chiesa rivolge il proprio insegnamento sociale.In quanto morale sociale la dottrina sociale della Chiesa si rivolge a tutte le articolazioni della vita umana in società.

6.1 LA FAMIGLIA

La prima realtà sociale con la quale l'uomo entra in contatto venendo al mondo è la famiglia.Poichè la società esiste in funzione del bene dell'uomo -e non viceversa- tutte le sue articolazioni,anche quella politica,svolgono un ruolo analogo -e non identico-a quello della famiglia e devono avere questa, quella più direttamente a ridosso dell'uomo,come modello e tutelare.In questo senso la famiglia è detta la cellula fondamentale della società. Chi opera per disgregare la famiglia attacca indirettamente l'individuo e il suo armonioso sviluppo personale;chi disgrega il modello familiare,ad esempio, nell'autorità economica disgrega, oltre all'economia anche la famiglia e l'individuo stesso, in ultima analisi.
La dottrina sociale della Chiesa insegna che la famiglia deve scaturire da un legame tra due esseri umani di tipo permanente, secondo natura e riconosciuto dalla comunità al fine di essere da essa tutelato, richiede cioè a monte un istituto, una relazione tipica, che tradizionalmente consiste nel matrimonio monogamico e indissolubile. Solo così l'individuo che viene al mondo può crescere all'interno di un quadro di rapporti certo e stabile, la cui importanza rispetto in termini di psicologia individuale diventa sempre più chiara e determinante.
Oltre a ciò, la famiglia deve essere tutelata da ulteriori istituti di diritto (la proprietà,l'ereditarietà,il diritto familiare) nonchè dalle migliori condizioni per l'esercizio della paternità e della maternità, attraverso provvedimenti  (fiscali o economicamente integrativi) pubblici che, quantomeno, non sfavoriscano tale vocazione e non ne demotivino la scelta. Infine,la famiglia va vista anche in relazione alla Chiesa come luogo privilegiato di formazione cristiana e vivaio di vocazioni sacerdotali e religiose.

6.2 L'EDUCAZIONE

Legato alla famiglia è poi il tema della educazione e istituzione dei giovani.In questo ambito la dottrina sociale della Chiesa proclama alto il diritto inalienabile e primario della famiglia, cui deve essere riconosciuto un ruolo determinante anche nella libera definizione dei contenuti dell'insegnamento nell'esercizio delle attività scolastiche.

6.3 IL LAVORO

Dopo il matrimonio,che ne precede l'esistenza,la famiglia che la accoglie e la protegge ed educa,la scuola che gli fornisce il necessario sapere,l'individuo entra normalmente in contatto con il lavoro o la professione e con le realtà sociali che in questa sfera ricadono.Per un lungo periodo la dottrina sociale della Chiesa ha riproposto come modello di realtà sociale ideale nel quale il lavoro si situa la corporazione(professionale od artigiana) non solo in tesi ma con specifico richiamo a come il Medioevo Cristiano l'ha storicamente conosciuta.Oggi, al di là delle forme storiche, è rimasto il principio secondo cui il lavoro umano, lungi dall'essere puramente maledizione,esprime viceversa l'uomo in tutte le sue dimensioni,compresa quella religiosa,e come tale va tutelato e protetto culturalmente e legislativamente contro la sua mitologizzazione e ,dall'altro,tanto contro la sua reale trasformazione in schiavitù nel socialismo,quanto contro la sua riduzione a unica dimensione della vita umana nel capitalismo amorale moderno.Ciò può avvenire in un contesto di armonico rapporto tra prestatori d'opera e datori di lavoro,sostanziato da un quadro istituzionale anche di natura sindacale,qualora questo non diventi uno strumento di contrapposizione tra classi sociali. In questo ambito, sono oggetto della dottrina sociale della Chiesa anche le questioni tradizionali di morale economica, quali il giusto prezzo, il giusto salario del lavoro, il prestito a interesse.

6.4 LA PROPRIETA' PRIVATA

In particolare, il frutto del lavoro va goduto e tutelato all'interno di istituti che riconoscano e secondo la dottrina sociale della Chiesa, promuovano il diritto alla proprietà privata.Quest'ultima è,in un certo senso, la chiave di volta dell'architettura sociale cristiana ispirata al diritto naturale. Se pur è vero che il Creatore ha destinato in origine i beni della terra (ma non sono solo essi in questione:non si può infatti non considerare le trasformazioni su di esse operate dalle diverse generazioni umane,il loro arricchimento,la loro capitalizzazione) a tutti gli uomini nel cosidetto “comunismo primitivo”è altrettanto vero che la loro fruizione migliore nella condizione “post peccatum” è l'appropriazione personale e familiare. E' tramite la proprietà privata che il lavoratore può garantire la sopravvivenza propria e della sua famiglia,nonchè preparare condizioni di vita migliori ai propri discendenti. E' attraverso di essa che la libertà civile,riconosciuta dai regimi moderni,si sostanzia nel senso di divenire un reale presidio contro la crescente ingerenza statale.E' mediante essa che il diritto alla libertà di impresa economica trova il suo coronamento.E' come conseguenza di essa che l'uomo si allena ad esercitare alcune delle più elementari virtù naturali,la cui carenza nel popolo il crollo del socialismo reale nei paesi dell'Est europeo ha evidenziato in maniera solare E' con il suo contributo determinante,in sostanza,che si attua il retto ordine sociale nella libertà .Se essa mancasse, l'unica alternativa concreta -la storia lo ha dimostrato- è il totalitarismo statale.

6.5 L'AUTORITA' POLITICA

Proseguendo nell'esame dei vari “gusci” che racchiudono e tutelano la vita e lo sviluppo del singolo si arriva alla comunità politica, nelle sue articolazioni,da quelle locali a quelle nazionali e sovra-nazionali.La dottrina sociale della Chiesa professa il concetto tradizionale di autorità(dal verbo latino “augere”,accrescere)come necessitata dal diritto naturale stesso e come presidio della autonoma espressione della vera libertà (cioè libertà nella verità,nel riconoscimento e nell'accoglienza della condizione creaturale dell'uomo,nonchè dell'esistenza e dei diritti di Dio) dei singoli e delle comunità.Un servizio erogato appunto all'interno di vincoli precisi anche se spesso non formali,quali il diritto divino e della Chiesa,in alto -”ogni autorità viene da Dio-” e i diritti tradizionali naturali e acquisiti verso il basso. Secondo san Tommaso d'Aquino ,infatti, il migliore governo idealmente concepibile è quello nel quale sono contemporaneamente presenti in giusta proporzione tutte e tre le diverse forme possibili di governo:la monarchia (cioè il governo di una sola persona o,meglio di una sola famiglia), l'aristocrazia (governo dei titolari dei grandi corpi politica intermedi) e la democrazia (nel senso di una partecipazione del popolo alle decisioni politiche). All'alta missione dell'autorità politica,cioè il conseguimento del bene comune dei membri della società,corrisponde un'adeguata dotazione di mezzi,cioè il potere(es. di punire,di riscuotere tributi,di fare la guerra),che nel caso dello stato prevede la pienezza di essi,sì che lo stato viene definito tradizionalmente”società perfetta”(come la Chiesa).Entro certi limiti la dottrina sociale della Chiesa considera legittima la resistenza(passiva e,talvolta,anche attiva)contro gli abusi dell'autorità nell'esercizio del potere.L'autorità politica,dunque,trova la sua legittimità originaria in Dio,la sua legittimità occidentale nel rispetto delle regole della sua titolarietà(ereditarietà o regole che presiedono alla scelta per via elettiva),la sua legittimità di esercizio(la più importante dato il fine)nel rispetto della religione,della tradizione e della cultura nazionale e infine,in quello del diritto naturale che le ha previste.Dunque,lo stato è per l'uomo e non l'uomo per lo stato:con questo si rivalutano radicalmente contrarie alla dottrina sociale della Chiesa tutte le prospettive di esse (hegeliane,socialiste,comuniste e nazionalsocialiste o di altra natura totalitaria che esse siano)Sotto altro aspetto -che però è importante sottolineare in un'epoca di avanzata dell'Islam e dei fondamentalismi religiosi- l'autorità politica come realtà precipua facente parte dell'ordine temporale e come tale laica,autonoma dalle cose sacre sulle quali l'autorità ultima compete al potere spirituale,cioè al sacerdozio e alla chiesa,anche se storicamente persone consacrate hanno retto,anche per lunghi periodi,stati e domini terreni(come nel caso dei vescovi conti del medioevo occidentale) ciò è avvenuto in via vicaria e sussidiaria;d'altro canto se le cerimonie di investitura regale hanno spesso assunto forme para liturgiche(es.l'unzione dei re di Francia a Reims),mentre ciò testimonia l'altezza della curia e la sua sostanziale cooperazione al fine ultimo dei sudditi cioè alla loro salvezza eterna,missione propria della Chiesa,d'altronde non si possono assimilare a sacramenti veri e propi,bensì a benedizioni (sacramentali). Da ciò deriva l'assoluta estraneità del modello sociale-politico disegnato dalla dottrina sociale della Chiesa da qualunque prospettiva teocratica:lo stesso laicismo moderno non sarebbe neppure pensabile se non fosse stato preceduto da un contesto di distinzione,almeno concettuale,tra autorità temporale e autorità spirituale.
Infine la dottrina sociale della Chiesa,oltre a forme varie di organizzazione internazionale(per la cooperazione,lo sviluppo, l'assistenza,l'educazione)ammette anche l'esistenza di una autorità politica sovranazionale,non di natura totalitaria,ma sussidiaria dei vari “regni” e ultima istanza arbitrale nei conflitti tra essi.Esempio supremo di tale realtà è stato il Sacro Impero Romano-Germanico del pieno medioevo Cristiano,luogo di massima espansione dell'autorità politica e di coincidenza con la vera concretizzazione pur embrionale del regno di Dio anche nell'ordine temporale.

7.DOCUMENTI

Premesso che,come già detto,la dottrina sociale della Chiesa diviene oggetto specifico di magistero solo in epoca relativamente recente:quella della rivoluzione politica e sociale conseguente nel mondo Occidentale alla rivoluzione francese,mentre in precedenza si trovava”fissata”-anche se non mancano formulazioni esplicite- nelle istituzioni vive,nel diritto,nella cultura della società cristiana medioevale e,in forma residuale,dell'Antico Regime,che proprio la rivoluzione dell'ottantanove inizia a smantellare gradualmente;i principali documenti di magistero pontificio sono quelli elencati di seguito(altri si trovano nel magistero conciliare,in quello di singoli vescovi e di conferenze episcopali e in decreti delle congregazioni vaticane).


PIO IX
-Enciclica Qui Pluribus(1846)
- " " Quanta cura (1864)

LEONE XIII
-Enciclica Quod Apostolici muneris(1878)
- " " Arcanum (1880)
- " " Diuturnum illud(1881)
- " " Humanum genus (1881)
- " " Immortale Dei (1885)
- " " Libertas (1888)
- " " Sapientiae christianae(1890)
- " " Rerum novarum (1891)
- " " Graves de communi (1901)

PIO XI
-Enciclica Ubi arcano (1922)
- " " Quas primas(1925)
- " " Miserentissimus Redemptor(1928)
- " " Divini illius Magistri(1929)
- " " Casti connubii(1930)
- " " Quadragesimo anno(1931)
- " " Acerba animi (1932)
- " " Mit brennender sorge(1937)
- " " Divini Redemptoris(1937)

PIO XII
-Enciclica Summi pontificatus(1939)
-Radio messaggio del 1944
-Discorso Tres sensible(1951)
- " " Ci riesce (1953)

GIOVANNI XXIII
-Enciclica Mater et Magistra(1961)
- " " Pacem in terris(1963)

PAOLO VI
-Enciclica Populorum progressio(1967)
- " " Humanae vitae (1968)
-Lett.Apost.Octogesima adveniens(1971)

GIOVANNI PAOLO II
-Enciclica Redemptor hominis(1979)
- " " Laborem exercens (1981)
-Esort.Ap. Familiaris consortio(1981)
- " " Reconciliatio et paenitentia(1984)
-Enciclica Sollicitudo rei socialis(1987)
- " " Centesimus annus(1991)

8. URGENZA DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Concludiamo con una frase,che ci sembra estremamente appropriata, di Pio XII(tratta dal discorso Per la XXXIV Settimana Sociale di Francia del 18 luglio 1947,in Discorsi e Radiomessaggi, vol.ix, pag,592):” L'ora presente esige dai credenti che con tutte le loro energie facciano rendere alla dottrina sociale della Chiesa il suo maximum di efficienza e di realizzazione.E' farsi un'illusione credere che si possa disarmare l'anticlericalismo e la passione anticattolica restringendo i princìpi del cattolicesimo al dominio della vita privata.Questo atteggiamento"minimista"al contrario,non farebbe altro che fornire agli avversari della Chiesa nuovi pretesti.I cattolici manterranno e miglioreranno le loro posizioni in proporzione al coraggio che metteranno nel tradurre in atto le loro intime convinzioni in tutto il dominio della vita,sia pubblica che privata”.


NOTE

(1) Scrive PaoloVI:”Se l'insegnamento sociale della Chiesa non interviene per autenticare una data struttura o per proporre un modello prefabbricato,non si limita neppure a richiamare alcuni princìpi generali”.(Lett.apostolica Octogesima adveniens, Grandi encicliche sociali a.c. di p.Reginaldo Iannaroneo O.P.,Ed, Domenicane Italiane,Napoli 1977,p.481)

(2) Cfr. Giovanni Paolo II,enc.Sollicitudo rei socialis,n.1: “(...)si è ormai costituito un aggiornato"corpus" dottrinale (...) “.

(3) Cfr.Giovanni Paolo II,enc.Sollicitudo rei socialis,n.41:”La dottrina sociale della Chiesa non è una "terza via" tra capitalismo liberista e collettivismo marxista(...)”

(4) Cfr.in merito,Giovanni Cantoni,La rivalutazione della dottrina sociale della Chiesa,in Cristianità, anno XVI, n.133,maggio 1986.

(5) Georgius Jarlot S.J.,Compendium ethicae socialis,Typis Pontificiae Universitatis Gregorianae,Roma 1951

(6) Cfr. Giovanni Paolo II enc. Sollicitudo rei socialis, n.41:”Essa appartiene(...)al campo(...)della teologia e specialmente della teologia morale”.

(7)Cfr.Giovanni Cantoni,per la maggiore gloria di Dio anche sociale,in Cristianità,anno XI,n.100,agosto-settembre-ottobre 1983

(8) n.234

(9) Cfr.il panegirico della civiltà cristiana medioevale fatto da Leone XIII nella enciclica Immortale Dei del 1885(in Le encicliche sociali dei papi da Pio IX a Pio XII(1864-1956),a.c. di Igino Gordani,3a ed.,Studium,Roma 1948,p.91)

(10)Cfr.a riguardo l'agile sintesi di Giovanni Ambrosetti, Diritto naturale cristiano,Studium Roma 1964

(11)Cfr.vedi messaggio per il cinquantenario della Rerum novarum
dell'1/6/1941,in Grandi encicliche sociali,cit.pag.208

(12)Una trattazione di questi tre principi è contenuta nella sezione II del libro di Joseph [card.]Hoeffner,La dottrina sociale cristiana,ed. Paoline,Roma 1979

(13) Per una accurata analisi del concetto e delle implicazioni del principio di sussidiarietà,cifr.Hugo Tagle Martinez,Il principio di sussidiarietà,in Cristianità,anno x n.81,pp.3-10


BIBLIOGRAFIA

- I documenti sociali della Chiesa(da PioIX a Giovanni PaoloII),a.c.di p.Raimondo Spiazzi o.p.,Massimo,Milano 1988

- Matrimonio e famiglia nel Magistero della Chiesa(I documenti dal Concilio di Firenze a Giovanni PaoloII),Massimo,Milano 1986

- P.Reginaldo Iannarone O.P.,Linee di pensiero sociale cattolico,Ed.Domenicane Italiane,Napoli 1972

- La dottrina sociale della Chiesa,secondo l'enciclica"Laborem exerceus"di Papa Giovanni Paolo II,Mimep-Docete,Pessano(MI)1982

- Sollicitudo rei socialis,del sommo Pontefice Giovanni Paolo II nel ventesimo anniversario della Popularum progressio,Libreria Editrice Vaticana,Città del Vaticano 1987

- Centesimus annus

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