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La Battaglia di Poitiers (Click CC license)Tra il 711 e il 716 d.C. iniziò la conquista e dominazione araba nella Penisola iberica, destinata a durare per quasi otto secoli; da notare come nel 732 l’avanzata musulmana in Europa occidentale fu bloccata alle porte della Francia nella battaglia di Poitiers dall’esercito franco guidato da Carto Martello. Al 750 d.C. l’impero musulmano si estendeva dalla Spagna all’India e nei secoli successivi l’Islam penetrò in Africa e in Asia, fino alle Filippine.

Ma per spiegare la rapidità della diffusione dell’islam in queste terre è necessario analizzare la situazione preislamica. L’eccessiva densità della popolazione nell’isola svedese di Gotland nel III° secolo spinse i suoi abitanti a cercare nuove terre, cosa che originò l’espansione dei goti in tutta Europa. Per oltre due secoli, questo popolo percorse i confini dell’impero romano fino a quando, nel dicembre del 406, i “cosiddetti” barbari sfondarono la frontiera dell’impero a Magonza, in Germania. La penetrazione seguì due direttrici: verso est si spinsero gli ostrogoti e verso ovest i visigoti. Dopo il sacco di Roma ad opera di questi ultimi venne stretto un patto con l’impero in base al quale gli invasori divenivano federati della provincia romana di Hispania, al fine di scacciare gli svevi, i vandali e gli alani, che nel 408 vi si erano stabiliti. Nel 415 si giunse alla partenza obbligata per l’Africa dei vandali e allo sterminio quasi totale degli alani, mentre gli svevi resistettero fino al 456. I visigoti consolidarono il loro potere all’inizio con l’istituzione della capitale Toledo nel 507. Dopo sette sovrani di confessione ariana (sosteneva la natura divina del Figlio fosse sostanzialmente inferiore a quella di Dio), il re Recaredo I (586-601) si convertì al cristianesimo nel 589, unificando il regno dal punto di vista religioso. Tuttavia, i sedimenti dell’arianesimo rimasero presenti per secoli nella società visigota, e questo fattore, insieme a molti altri, favorì la penetrazione ideologico-religiosa dell’Islam, che nega la natura divina di Gesù (Isa nel Corano), ciò nonostante rispettato in qualità di profeta, ma pur sempre di natura umana. Il quadro politico rimase tuttavia instabile. Nel regno visigoto la scelta del re si basava su un’antica usanza del Nord: la nomina per elezione, rispetto alla legittimazione per discendenza ereditaria. Questo sistema favorì le divisioni tra i clan più potenti. Le tensioni interne erano in costante aumento: da una parte scoppiarono lotte intestine per ottenere il trono; dall’altra, il malcontento popolare dovuto alla sensazione di insicurezza precipitò la situazione. La pressione dei sefarditi per le normative emanate dai vertici visigoti per la legislazione anti-semita obbligò gli ebrei a convertirsi alla religione cristiana. Ferocemente antisemiti quasi tutti i visigoti: in questo panorama sociale e politico, i sefarditi appoggiarono logicamente le truppe islamiche aldilà dello Stretto. Gli obiettivi della penetrazione dei musulmani nella Penisola iberica possono essere oggetto di differenti interpretazioni: realizzare il jihād minore, o «impegno nella lotta», per consentire l’espansione militare della fede islamica; ampliare le proprie frontiere come strumento di potere e di consolidamento economico; “stringere a tenaglia” l’impero bizantino, dato che era impossibile batterlo da est e via mare, visti i falliti tentativi arabi del 669 e del 673-678. Dopo l’espansione nel Nordafrica, nel 710 gli islamici conquistarono Ceuta. In quell’anno iniziarono i conflitti fra i visigoti tra i sostenitori di Agila II, duca della provincia della Tarraconensis e figlio dell’ex re Witiza, e Roderico (o Rodrigo), duca della Baetica. I primi, compreso il pretendente al trono Agila, ebbero la peggio e si rifugiarono a Ceuta. Lì cominciarono a studiare piani per appoggiare Agila II, contando sull’appoggio del Wālī di Ifrīqiya (Tunisia), Mūsā ibn Nușayr, e sul suo mawlā (liberto), un berbero islamizzato di nome Țāriq bin Ziyād. Agila II avrebbe ricevuto il sostegno di parte della nobiltà, della maggioranza del clero, del conte Julián di Ceuta, degli ebrei e degli alleati islamici mercenari. Sull’altro fronte, i sostenitori di Rodrigo erano ridotti all’esercito a lui fedele e a parte della nobiltà. Lo scontro si tenne a Guadalete e vide vittorioso Agila II. Dopo la scomparsa di don Rodrigo, l’ingresso delle truppe di Țāriq (28 aprile 711) nella zona denominata Ğabal Țāriq (Gibilterra) diede inizio alla dominazione musulmana della Penisola, che durerà fino al 1492. Il califfo omayyade al-Walīd (705-715) controllava da Damasco la potenza musulmana in piena espansione nella penisola iberica e il trionfo di Țāriq ne segnò la vittoria militare, ma in campo sociale i ceti nobili di entrambe le fazioni visigote si ritrovarono indeboliti. I musulmani offrivano il mantenimento di posizioni importanti e un trattamento generoso a quanti si convertivano. Per quanto riguarda Agila II, né Țāriq né Mūsā vollero prendersi la responsabilità di decidere del suo destino; mentre le truppe musulmane proseguivano nella loro avanzata, egli si recò a Damasco perché fosse il califfo al-Walīd a stabilire il suo destino. Nel 711 l’autorità del califfo veniva stabilita a Toledo. Dopo due anni di trono vacante, Agila tornava nella penisola iberica e si stabiliva proprio a Toledo, dove morirà poco dopo. La vecchia Hispania si ritrovò totalmente islamica e venne chiamata al-Andalus. I musulmani realizzarono la conquista del territorio peninsulare in tre modi: con la conquista militare e l’eliminazione o messa in fuga della popolazione; con la suhl o “capitolazione”, che prevedeva la consegna di una città o di un villaggio dopo la stipula di un patto; e con lo ‘ahd o “trattato”, con il quale i contraenti venivano considerati alleati convertiti in cambio di terra, proprietà o la vita stessa. La compresenza di diverse confessioni religiose segnò l’Hispania 800 anni. La realtà giuridico-sociale finì per dividere la popolazione in diversi gruppi, secondo la loro concezione religiosa e in base al fatto che abitassero una zona dominata dai cristiani o dai musulmani. Anche se le conversioni non erano sempre volontarie, e nemmeno sempre forzate, ciò era fonte di importanti divisioni e di rivolte all’interno di ciascuno dei regni, emirati o califfati: i cristiani della zona visigota, conosciuti come rūm dai musulmani; i mudéjares, ossia musulmani rimasti a vivere nell’area a dominazione cristiana conservando la loro religione; i moriscos, ovvero musulmani convertiti al cristianesimo e residenti in zone cristiane; i mozarabi, vale a dire cristiani che rimasero nell’area a prevalenza musulmana preservando credenze e cultura; i musulmani, di origine araba o berbera, che penetrarono la penisola iberica da sud, i saraceni; i muladi, cristiani rimasti in zona musulmana e convertiti all’islam; i cosiddetti marrani (anusim per gli ebrei), ovvero ebrei convertiti al cristianesimo. Nella società islamica si andarono formando due grandi gruppi: quello dominante e musulmano (arabi, berberi e muladi), e quello degli “assoggettati” (cristiani, ebrei, patteggiatori, schiavi e prigionieri); e all’interno di ciascun gruppo, erano riconoscibili i classici livelli medievali della classe superiore o nobiltà (hāșșa), della classe di mezzo o dei notabili (a’yān), e della classe bassa (‘amma). Dopo secoli di lotte tra cristiani e musulmani, con continui cambiamenti di frontiera, la frammentazione s’impose nelle terre islamiche (e anche in quelle cristiane). Il risultato delle divisioni interne fu la nascita dei cosiddetti regni di taifa, con un’estrema varietà di leader e una multipolarizzazione della mappa della Penisola iberica. La conseguenza del divide et impera fu che questi regni videro ridursi il loro potere e dovettero ricorrere all’aiuto di una nuova forza emersa a sud dell’attuale Sahara occidentale, gli almoravidi. Costoro potrebbero essere paragonati ai taliban di oggi: una forza radicale connotata dalla volontà di applicare integralmente la legge religiosa. Molto rapidamente questo esercito di «monaci soldati» di origine berbera avanzò verso nord per entrare nella Penisola iberica nel 1090. Per quasi sessant’anni mantennero il controllo sulla parte meridionale della penisola, fino a quando vennero sostituiti dagli almohadi, un altro popolo berbero del Nord del Maghreb altrettanto radicale. Della situazione e degli eventi dei secoli successivi durante il lungo periodo della dominazione islamica parlerò la prossima volta, magari.

Claudio Usai

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