"Di professione Imputato", Paolo Signorelli, Sonda, Torino 1996
L’autore ripercorre con una lucidità spaventosa la sua avventura carceraria a partire dal 28 Agosto 1980 data in cui, con un blitz delle forze dell’ordine, venne incarcerato con una serie di accuse terribili e per certi versi grottesche.
Il racconto è un insieme di diario autobiografico e di considerazioni filosofiche.
Francamente l’unione di due diversi "tipi" di scrittura mi ha lasciato inizialmente perplesso, ma poi il ritmo incalzante della narrazione biografica si fonde magicamente con le considerazioni filosofiche, quasi un intreccio magico ove il ritmo del Sole è l’incantesimo che lega il tutto.
Il testo si presta a due differenti modi di lettura. Senza dubbio la prima volta prevale l’aspetto autobiografico: l’emozione nel leggere l’incredibile vicenda dell’autore prevale su tutto, le incredibili vicende narrate avvolgono il lettore in un atmosfera surreale ove la realtà supera la fantasia. In seconda lettura emergono invece prepotentemente gli aspetti filosofici e politici che sono presentati con una indiscutibile preparazione culturale, le citazioni e l'utilizzo del Mito si presentificano con una forza quasi "visiva".
L’Autore ripercorrendo tutte le sue tappe carcerarie ci immette in un mondo di dannati, di dimenticati fra violenze e soprusi di ogni natura. La dimensione carceraria e l’utilizzo di "tecniche di annientamento psicologico" diviene palpabile, quasi concreta ma mai angosciante, mai disperante. Anche nei passi più scabrosi l’Autore riesce a fissare l’attenzione quasi da una prospettiva esterna, con uno orgoglio quasi smisurato tutta l’avventura è descritta come "naturale". Nel racconto Signorelli non perde l’occasione per commentare i tragici fatti che fuori dal carcere avvenivano nei terribili anni ottanta. In occasione della morte di Giorgio Vale, il 5 maggio 1982 traspare la sofferenza e la disperazione per la morte di un giovane, da questa sofferenza nasce una poesia che riproponiamo così come è riportata nel libro:
".. Aveva venti anni
e tanta voglia di Amore
di Sole
di orizzonti infiniti.
Un giorno, all’alba
fu suicidato.
Aveva venti anni
e tanta voglia di vivere.
Un infame vendette la sua vita
e uccise il suo desiderio di amare."
Un altro aspetto che emerge prepotente, ma mai fastidioso o volgare, è la religiosità pagana di Signorelli con la celebrazione quasi mistica dei Solstizi e il rituale della bruciatura di foglie d’alloro. Su questo "rito" viene narrato un episodio quasi comico, quasi fantastico: la perquisizione della cella di Signorelli alla ricerca di droghe avendo i secondini scambiato l’odore dell’alloro che brucia con l’odore di uno spinello….
Anche gli episodi di "festa" narrati vengono in un qualche modo decodificati e rielaborati in chiave filosofica e politica, basti rileggere il capitolo "Le nozze" ove una festa diviene un baccanale, diviene il tempo di Dionisio e il Tempo della Vita… il tutto dentro un carcere, dentro una storia allucinante di ordinaria ingiustizia.
La conclusione del libro lascia francamente allibiti. La cronologia della storia carceraria è elencata come un indice e risulta tremendamente incredibile, come incredibile è la motivazione con cui viene respinta la richiesta di risarcimento avanzata da Signorelli per ingiusta detenzione. Ne riportiamo un passo e più precisamente quello riportato nella sentenza della IV sezione della Corte di Cassazione del 31 marzo 1995 "… essendo il Signorelli ideologo di destra ed essendo all’epoca dei fatti allo stesso addebitati apparsi come espressione dell’eversione di destra, il suo comportamento consapevole e volontario era stata la causa che aveva giustificato il provvedimento restrittivo.."
Ne consigliamo vivamente la lettura.
Nero Monterosa