Attualmente nello scenario politico italiano le cose sono alquanto confuse. Da un lato c'è lo schieramento progressista - marxista della società, rappresentata dal Movimento 5 Stelle, Democratici, Leu, Italia Viva, che strizza l'occhio ai burocrati di Bruxelles con sensibilità estreme per i cosiddetti "migranti". Dall'altra parte c'è il cosiddetto centro destra, Lega, Fratelli d'Italia, Forza Italia vagamente consapevoli dell'esistenza di qualcosa di diverso da logiche economistiche finalizzate al mercato ed al liberismo economico.
Veramente desolante.
Quello che manca, il comune denominatore di tutte le posizioni attuali, è l'incapacità di considerare l'organicità dello stato e l'organicità del popolo.
Infatti, la giustizia sociale non è di una classe, di un settore della nazione. La giustizia sociale è, deve essere patrimonio indissolubile di tutti.
La giustizia sociale deve esistere per l'operaio di Sesto San Giovanni e per il professionista Catanese o per l'agricoltore veneto.
Se così non fosse non sarebbe giustizia sociale.
La visione marxista è stata giudicata dalla storia come fallimentare, non ha risolto i problemi del popolo o di chi muore di fame o più semplicemente non da eguali possibilità a tutti. Questo è innegabile, nei paesi ove vigeva il marxismo la nuova classe dirigente non era la classe borghese o imprenditoriale bensì la classe politica, i burocrati del partito. L'appiattimento, la logica dei tutti eguali, la famosa frase di Lienin " ...nessuno dovrà andare in seconda classe, tutti dovranno viaggiare in prima classe.." è così lontano dalla natura dell'uomo che risulta semplicemente inconcepibile, semplicemente così anti naturale da essere disumano.
Il discorso non cambia di molto nella visione liberal capitalista. Tutto per l'economia, tutto per l'efficienza, tutto per il mercato e anche qui la visione della società e parziale, riduttiva. L'aspetto della società che interessa è quello dell'efficienza, il metro di giudizio è "quanto rende?".
Risulta evidente quindi che entrambe le visioni, la visione leghista è semplicemente una variante di provincia del liberal capitalismo, sono istrionescamente incapaci di dare giustizia sociale, sono tanto incapaci quanto un gatto di comprendere la filosofia aristotelica.
Non voglio dare giudizi, voglio semplicemente dire le cose come stanno, chiamare le cose con il loro nome. A Rifondazione Comunista interessa il benessere della classe operaia ed è pronta a scatenare lotte di piazza per difendere un posti di lavoro, ma se il dramma della povertà è vissuto da un ex artigiano allora non ci si scalda. Polo e Ulivo si scannano sulle riforme, sulla giustizia, ma del resto nulla, il vuoto pneumatico.
E non c'è da stupirsi, non c'è da meravigliarsi. Lo stato sociale è stato smantellato in Italia con una capacità e con una perizia quasi maniacale.
Nel medioevo il popolo era suddito del nobile del luogo, ma in cambio i nobili morivano per difendere il popolo, in caso di carestie i magazzini dei castelli distribuivano cibo, durante le udienze il popolo poteva chiedere giustizia ed ottenerla. Le regole, magnificamente descritte da Lullo nel suo "Manuale della cavalleria", erano funzionali all'organicità dello stato.
Ora siamo sudditi senza diritti, senza che nessuno dei politici attuali pensi a sacrificare qualcosa per il popolo.
La giustizia sociale è ben differente cosa.
Giustizia sociale significa poter scegliere, poter scegliere in quale scuola mandare i propri figli, significa istruzione, ospedali, colonie alla portata di tutti, significa dare al popolo la libertà di scegliere. Giustizia sociale significa leggi moderne, significa aiuto al popolo e per il popolo.
Il concetto che tento di esprimere non è quello di una società massificata, di una società di eguali. Il concetto è di una società organica ove ciascuna componente sociale lavori per se e per le altre componenti, ove non esistano classi sociali ma unicamente uomini e donne che svolgono diverse funzioni.
La giustizia sociale è questa.
La giustizia sociale è la possibilità di vivere e crescere anche nei quartieri delle periferie, il riappropriarsi dei centri storici delle città togliendoli allo strapotere delle banche e delle multinazionali.
Ho in mente un immagine. Forse 40 anni fa sbarcavo due lire lavorando al mercato coperto, presso un grossista di frutta e verdura. Il primo giorno di lavoro, alle 12 stavo pulendo il magazzino e mettendo da parte la frutta e la verdura marcia per buttarla via. Arrivò il principale e mise fra la roba da buttare due casse di mele perfette. Lo guardai con aria stupita. "Questo è matto" pensai. Lui guardandomi scosse la testa, e mi disse di portare in discarica le cose, mele comprese. Lo feci.
Appena scaricato vidi sette o otto anziani che si precipitarono a rovistare fra l'immondizia, recuperando dagli scarti quello che si poteva. Ammetto rimasi senza parola, nella civile Lombardia, nella ricca Como negli anni 80. E oggi la situazione non è affatto cambiata, è solo cambiata l'età di chi è costretto a rovistare nei rifiuti per procurarsi del cibo.
Ecco il fallimento della politica liberal capitalista e del marxismo, ecco il fallimento di quell'idea di Europa frantumatasi ecco la tragicità di un popolo diviso, egoista, senza guida e senza speranza.
Come si può pensare che ci sia giustizia, giustizia vera fintando non c'è giustizia sociale ? alla donna con tre figli che fa fatica a tirare a fine mese non importa un bel fico secco delle riforme costituzionali. A lei importa sapere che se uno dei suoi figli si ammala le medicine costano, che le cliniche private sono solo per i ricchi e, se vuole andare in vacanza o fa cambiali o chiede un prestito alle banche....
Diritto allo studio gridavano i sovversivi, ma poi alle università ci arrivano con i soldi di papà e la macchina della mamma, allora come oggi.
Il diritto allo studio non è una cosa da rivendicare come non si rivendica i diritto alla vita. Diritto allo studio non significa certamente il 18 politico o gli esami di gruppo, significa dare nella realtà la possibilità a chi vale a chi ha le potenzialità di studiare, di poter studiare senza l'angoscia di sapere che a casa si ha fame o non ci sono quattro soldi per le minime esigenze.
Utopia?
No, non è utopia è unicamente una diversa concezione dello stato, un primato dello spirito sulla materia, un primato delle tradizioni contro lo sfruttamento sistematico del nostro popolo a vantaggio di pochi stranieri dei lacchè italiani.
LB