Diciassette marzo del 2004: il mondo è rimasto a guardare il pogrom contro la cristianità e contro la popolazione serba in Kosovo.Nell'arco di pochi giorni furono cacciati dalle proprie case oltre quattromila cittadini serbi, molti altri subirono efferate violenze ed ventotto furono i serbi assassinati. Oltre cinquanta chiese sono state sconsacrate dalla prevaricazione e dalla violenza delle milizie, bruciate o completamente distrutte. La personale jihad dei kosovari era cominciata.
In queste giornate, nel 2004 circa cinquanta mila albanesi attaccarono le comunità serbe per garantirsi il controllo politico e territoriale della regione. Le conseguenze di quell'atto sono sotto gli occhi del mondo intero. Ancora oggi, nessun organismo internazionale è mai intervenuto, se non per cercare pacificazioni a senso unico, in favore del governo di Pristina, un governo che ha avuto tra i suoi rappresentanti personaggi direttamente collegati con crimini di guerra.
Il Kosovo è uno stato islamico creato artificialmente grazie alla Nato nell'interesse di lobbies e poteri forti su un territorio che è sempre stato storicamente territorio serbo. Uno stato i cui "rifugiati", negli Stati che li hanno accolti si sono spesso distinti per lo spaccio di droga e lo sfruttamento della prostituzione. Uno stato che ha rifornito di foreign fighter la jihad islamica. Uno stato islamico in Europa.
Ancora oggi si vedono le prevaricazioni e gli attacchi nei confronti della popolazione serba e cristiana: è successo anche in questo mese di marzo e gli autori non sono mai stati individuati dalle autorità. In Kosovo e Metochia la comunità serbo ortodossa nel 2020 ha subito 54 attacchi. Si tratta di un attacco alla settimana nell'arco temporale di un anno.
Il "mondo occidentale" in questo caso resta a guardare, a differenza di quanto accadde alla fine degli anni '90 nel conflitto dei Balcani, con l'intervento ed i bombardamenti della Nato contro la Serbia. Anche all'epoca ad aprire le ostilità fu l'attivita' dell'UCK, quell' "esercito di liberazione" del Kosovo che si batteva per la "grande Albania", con un occhio di riguardo sui traffici di droga e di organi di esseri umani, come è emerso poi anche con le indagini ed i procedimenti contro alcuni suoi esponenti che avevano fatto carriera politica.
Fecero tutto il possibile per costringere l'esercito e le formazioni paramilitari serbe ad intervenire, e paradossalmente, la "grande democrazia" della cosiddetta "società civile", li ha premiati permettendogli di costituire uno stato islamico nel cuore dell'Europa.
Non si tratta di guerra di religione. Si tratta di prendere una posizione chiara sul diritto dei Serbi di poter vivere nelle loro terre e con le loro usnze e con la loro religione.
F.B.