FERENC SZALASI
E LE CROCI FRECCIATE
Claudio Mutti
Ferenc Szálasi nacque il 6 gennaio 1897 a Kassa (oggi Kosice, in Slovacchia), da una famiglia in cui si intrecciavano radici ungheresi, slovacche, rutene, armene e tedesche. Dal padre, ufficiale dell'imperial-regio esercito, gli derivò la vocazione militare; dalla madre, cattolica di rito bizantino, ereditò il fervore religioso. Durante la Grande Guerra aveva combattuto tre anni al fronte come ufficiale e dopo la fine del conflitto era rimasto in servizio, perché intendeva intraprendere la carriera militare come suo padre e i suoi fratelli. Entrato all'accademia, aveva compiuto una serie di ricerche attinenti ai rapporti del mondo del lavoro con la difesa militare. Chiamato nel 1925 a prestare servizio presso lo Stato Maggiore dell'esercito, cinque anni più tardi aveva effettuato un viaggio di studio in Francia. Nel 1933 aveva pubblicato il suo primo libro, A magyar állam felépítésének terve (Il piano di edificazione dello Stato ungherese), dal quale emerge una decisa rottura con le posizioni conservatrici presenti nei movimenti fascisti e nazionalsocialisti. Erano quindi seguite altre pubblicazioni, una delle quali, Le basi principali del disarmo, era stata tradotta in Germania da una casa editrice specializzata in questioni militari.
Vi sono alcuni episodi che possono servire a dare un'idea della mentalità e del carattere del giovane ufficiale. In occasione di un disordine scoppiato a Budapest a causa della miseria in cui versava la popolazione, Ferenc Szálasi, che era preposto al servizio di vigilanza, ricevette dal ministro degli Interni l'ordine di sparare sulla folla dei manifestanti. Egli però rifiutò di obbedire, dichiarando che quegli operai erano suoi fratelli.
Nel corso di un viaggio attraverso l'Ungheria, che aveva intrapreso in qualità di membro dello Stato Maggiore, Szálasi visitò un villaggio minerario. Siccome i minatori gli spiegarono che il loro salario oscillava tra i 90 e i 120 pengö mensili, Szálasi chiese conferma di ciò all'ingegnere della miniera; quest'ultimo disse che era vero, aggiungendo che lui stesso non guadagnava più di 5.000 pengö al mese. Allora Szálasi gli domandò se non temeva che i minatori, un giorno o l'altro, anziché spaccare il carbone gli spaccassero la testa.
Il primo ministro Gyula Gömbös, che "non apprezzava troppo i suoi colleghi militari che si abbandonavano a speculazioni intellettuali e progettavano grandi cambiamenti sociali e costituzionali"1, relegò Szálasi in una guarnigione di periferia. Ma siccome tale provvedimento ottenne solo lo scopo di agevolare le riflessioni di Szálasi e la sua attività pubblicistica, Gömbös fece un nuovo tentativo: convocato il giovane ufficiale nel proprio gabinetto, gli disse che per l'Ungheria, uscita a pezzi dalla guerra, l'unica politica possibile consisteva nella tutela degli interessi dei magnati e della finanza e gli offrì, per le elezioni del 1935, un seggio di deputato alla Camera. Szálasi non solo rifiutò sdegnato l'offerta, ma formulò il proposito di lottare fino alla distruzione del regime oligarchico.