Durante una festa privata tra un gruppo di adolescenti, in casa di Tommie Lindh, 19 anni, alla festa, che si svolge nella casa di Tommie, si infiltra anche Abubaker Mohamed, un migrante sudanese di 23 anni giunto in Svezia nel 2005 e al quale era stata concessa la cittadinanza svedese nel 2011 (e che - come si scoprirà poi in seguito - era stato già arrestato altre volte per spaccio di droga, taccheggio e violenza sessuale su una ragazza di 15 anni). Abubaker Mohamed non si limita a godersi la festa, ma pensa bene di puntare a una giovane ragazza lì presente. Da quanto è emerso poi nel processo, a festa quasi terminata egli costringe a un rapporto orale la ragazza, che si trovava al piano superiore della casa e che lui trascina in bagno. Le persone rimaste al dopo-festa non si accorgono di nulla, tranne Tommie, che stava sonnecchiando in una stanza vicino al bagno. Sente le grida della ragazza, accorre, la strappa dalle mani di Abubaker Mohamed, e tenta di cacciare di casa quest’ultimo. Il sudanese allora lo accusa di essere un razzista, giacché ha visto su uno scaffale un cappello di un partito nazionalista svedese. La ragazza nel frattempo chiama la polizia, che però non giunge dopo questa prima telefonata. Abubaker Mohamed estrae un coltello e accoltella più volte Tommie. Poi violenta la ragazza per una seconda volta, mentre lì accanto Tommie giace in una pozza di sangue.
Finalmente in casa ci si accorge di quanto sta avvenendo e viene nuovamente chiamata la polizia, che stavolta arriva.
Al momento dell’arresto, Abubaker Mohamed nega il crimine e sbeffeggia la polizia, facendo smorfie e mimando il segno della pistola nel momento in cui viene fotografato dagli agenti.
Tommie Lindh, nel frattempo, morirà in un ospedale per le gravi ferite riportate nell’accoltellamento.
Successivamente, Abubaker Mohamed ammetterà il crimine, nascondendosi però - in un primo momento - dietro alla “legittima difesa” e poi dietro all’“incapacità d’intendere e di volere”. Due attenuanti che però non sono state riconosciute al momento del processo.
Il verdetto del tribunale distrettuale di Ångermanland è giunto nell'ottobre 2020: il migrante sudanese Abubaker Mohamad Awad è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Tommie Lindh, nonché per stupro aggravato, violenza sessuale, tentata aggressione aggravata e minaccia illegale. Tale condanna è stata giustificata nella sentenza dal fatto che Abubaker ha commesso i crimini con “particolare spietatezza”. Egli è stato inoltre condannato a risarcire - in qualità di danni - 405.000 corone svedesi alle vittime e ai genitori di Tommie Lindh. Inoltre, dato che Abubaker aveva ottenuto la cittadinanza svedese nel 2011, non potrà essere espulso dalla Svezia.
Anche la polizia è stata messa sotto accusa per non essere arrivata tempestivamente sulla scena del crimine. Tale ritardo è ora oggetto di un’indagine. Se la polizia avesse risposto al primo allarme - così si ipotizza nell’indagine - probabilmente l’omicidio e il secondo stupro avrebbero potuto essere evitati.
Quel che desta massima indignazione in questa vicenda è il fatto che la morte di Tommie Lindh sia passata quasi sotto silenzio a livello mediatico: in Svezia - dato che Tommie è subito stato indicato come “eroe” dalle associazioni nazionaliste - la stampa e i partiti di sinistra hanno cercato in ogni modo di storpiare la vicenda, sostenendo che lo stupro e l’omicidio non fossero correlati (e che fossero avvenuti con tempistiche differenti e scollegate, pur in quello stesso giorno e in quella stessa casa!), e sulla stampa internazionale il fatto è passato quasi sotto silenzio. Le ragioni di ciò stanno quasi certamente nel fatto che Tommie - che è stato descritto dai suoi amici come un ragazzo attivo nel sociale, ma anche innamorato della sua nazione - era un simpatizzante del partito etno-nazionalista svedese Alternativ för Sverige (Alternativa per la Svezia) e aveva partecipato a varie loro manifestazioni.